«Il wi-fi è un’emissione radio che trasmette a una frequenza di 2.430 megahertz il segnale di internet che, fino a qualche anno fa, veniva trasmesso esclusivamente via cavo». A spiegare come funziona il wi-fi, la tecnologia senza fili per il collegamento internet che in questi ultimi anni si sta diffondendo sempre di più, è Fiorenzo Marinelli, biologo dell’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche.
Con il termine “radiofrequenza” nel caso di segnali via etere si intendono onde elettromagnetiche di frequenza compresa tra qualche kiloHertz e 300 GigaHertz. La frequenza di 2.430 megahertz è dunque una radiofrequenza: «Tutte le radiofrequenze sono state classificate come possibili cancerogeni per l’uomo dalla Iarc, l’International Agency for Research on Cancer, agenzia intergovernativa dell’Organizzazione mondiale della Sanità – spiega Marinelli –. La classificazione della Iarc è originata dagli studi epidemiologici del dottor Hardell sull’uso del telefono cellulare che ha stabilito un aumento del rischio di 4 volte, se si considera l’utilizzo del telefonino appoggiato all’orecchio, di ammalarsi di tumore cerebrale. Poiché in letteratura si parla di potenzialità cancerogena e di effetti sulla regolazione genica da parte di tutte le radiofrequenze, possiamo desumere che anche quelle emesse dai dispositivi wi-fi siano in qualche modo nocive. Anche se la densità di potenza emessa risulta minore di quella del telefono cellulare è stato infatti dimostrato già da alcuni studi che questo tipo di radiofrequenze possono contribuire a provocare danni alle cellule del nostro corpo».
La cosa su cui varrebbe la pena riflettere, conclude lo studioso, «è che abbiamo cablato tutta la terra con miliardi di chilometri di cavi e poi abbiamo voluto utilizzare per gli ultimi 5 metri, dentro casa nostra, un segnale wireless, e quindi senza fili, ottenendo due effetti negativi: l’irradiazione delle persone con le onde elettromagnetiche emesse dall’apparecchio e la perdita di qualità del segnale».
Gli specialisti di Humanitas precisano: «Non ci sono ancora dati scientifici incontrovertibili che dimostrino effetti cancerogeni delle radiofrequenze non ionizzanti. Per il momento è il caso di sospendere il giudizio nell’attesa di nuovi studi scientifici più oggettivi, supportati da esperimenti inoppugnabili, replicabili e verificabili».