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Le istantanee prenatali

Un esame indolore per la mamma e privo di effetti collaterali per il bambino permette al medico di eseguire indagini prenatali sempre più accurate e precise. L’ecografia, uno strumento di diagnosi utilizzato in numerose branche della medicina, è diventata un mezzo indispensabile per “monitorare” la gravidanza. Sono tre quelle che il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) garantisce in questo periodo: una entro il primo trimestre, una seconda, quella “morfologica”, tra la 20ª-22 settimana e una, tra la 30ª/32ªsettimana, per la valutazione della crescita fetale. Tutte sono finalizzate all’osservazione e conoscenza di particolari caratteristiche e dell’andamento evolutivo del nascituro. Per approfondire le peculiarità di ognuna di esse ci siamo rivolti agli specialisti ginecologi di Humanitas.

Come si esegue
Per fare l’ecografia la donna viene fatta sdraiare in posizione supina e le viene scoperto l’addome. L’esame si esegue grazie a una sonda trans-addominale che, poggiata sulla pancia in corrispondenza dell’utero, permette di visualizzare il feto al suo interno. In casi particolari, può essere necessario fare un’ecografia interna trans-vaginale. La donna viene allora fatta mettere in posizione ginecologica e la sonda viene inserita in vagina. È il caso, per esempio, di una gravidanza molto iniziale in cui si vogliono identificare il sacco gestazionale ed il battito cardiaco fetale, oppure di minaccia di parto prematuro per verificare l’effettiva lunghezza della cervice uterina.

Al terzo mese
La prima di quelle che, canonicamente, si fanno in gravidanza, è l’ecografia che corrisponde al primo trimestre. A questo punto ci sono già gli abbozzi di tutti gli organi e delle varie parti del corpo. Nel corso di questa ecografia si controlla se la gravidanza è singola o gemellare, la regolarità del battito cardiaco fetale, e si effettuano alcune misurazioni del piccolo in formazione.
Si esegue entro la 12ª settimana e permette di fare uno screening prenatale nelle coppie che lo desiderano, non invasivo, per alcune patologie cromosomiche, principalmente per la sindrome di Down, grazie alla valutazione della traslucenza nucale. Si tratta di una plica di grasso che si trova dietro la testina del bambino, nella regione della nuca, appunto, tra la colonna vertebrale e la cute, di cui si misura lo spessore. La correlazione tra questo e altri parametri, principalmente l’età, permette di calcolare un indice di rischio, con una certezza dell’80% circa, in base al quale si decide se ricorrere all’amniocentesi, un test invasivo che offre però la quasi assoluta certezza del risultato in termine di anomalia cromosomica. Quando lo spessore della plica è maggiore di due millimetri c’è il sospetto di trisomia 21 (Down) o trisomia 18. Allo scopo di aumentare la sensibilità di questa indagine prenatale, si può eseguire un esame ulteriore chiamato bi-test o dual-test, il cui risultato, combinato ai valori ottenuti con la traslucenza nucale, porta a una “sensibilità” del 90%: rileva cioè 9 feti su 10 affetti da sindrome di Down o trisomia 18. Il bi-test consiste nel dosaggio, effettuato sul sangue della mamma tra la undicesima e la 13ª settimana, di due proteine, la free Beta-hcg e la PAPP-A.
Tra gli ultimi parametri, in ordine di tempo, che sono stati individuati per migliorare ulteriormente questa diagnosi prenatale, c’è anche lo studio dello sviluppo dell’osso nasale e del massiccio facciale.

A che punto è la gravidanza?
L’ecografia del primo trimestre può essere richiesta anche per datare con esattezza la gravidanza. Questo può essere difficile nelle donne che non hanno cicli regolari e nelle quali amenorrea e periodo di gestazione non necessariamente coincidono. La datazione presuntiva che si ottiene è importante per poter valutare correttamente eventuali iposviluppi o problemi di crescita nel corso della gravidanza. Esistono infatti tabelle con valori di riferimento che consentono di stabilire, in base alla lunghezza dell’embrione e ad altre misurazioni, la giusta età gestazionale.

Il secondo trimestre
L’ecografia della 20ª settimana, chiamata morfologica, fornisce numerose informazioni e, in genere, è molto attesa dai futuri genitori. Essa permette di confermare il numero di feti, peraltro già valutabile nella precedente. Consente di valutare la presenza del battito cardiaco e di movimenti attivi fetali, che rappresentano segni di benessere del bambino. Si osserva inoltre la placenta, in quanto ci possono essere problemi, per esempio, per la sua posizione: se è previa, cioè posta anteriormente davanti all’orifizio uterino, può costituire un motivo di attenzione particolare ed eventualmente una contro-indicazione per il parto naturale, e può causare sanguinamenti in gravidanza. Si controllano inoltre la quantità di liquido amniotico, altro indice di benessere fetale, la posizione podalica o cefalica del bambino, anche se questa avrà più importanza alla 30ª settimana. Si prendono poi le “misure” del bebè, valutando la circonferenza della testa e il suo diametro (diametro biparietale), la circonferenza addominale, la lunghezza del femore, e le dimensioni del cervelletto. Il controllo del cuore e dei grossi vasi sanguigni che da esso si dipartono, permette inoltre di diagnosticare eventuali malformazioni cardiache. Si studia anche la colonna vertebrale per escludere la presenza di spina bifida, una malformazione molto grave, o di altri problemi e si osserva la presenza degli arti e il loro normale sviluppo. L’ecografia morfologica consente anche di visualizzare la presenza di problemi a livello cerebrale e la presenza di tutti gli organi visualizzabili in ecografia (per esempio lo stomaco o “bolla gastrica”, i reni e la vescica). Inoltre, alla 20ª settimana, è possibile evidenziare il sesso del nascituro, sempre che questo sia in una posizione che ne permette l’osservazione.

Il terzo trimestre
Nell’ecografia della 30ª settimana, oltre ad essere valutata nuovamente la morfologia del bambino, viene controllata, soprattutto, la sua crescita. A tal fine si rapportano a curve di crescita di riferimento i parametri relativi ai singoli bebè, che permettono di valutarne lo sviluppo rispetto ai valori medi (percentile): dire, per esempio, che il feto si colloca nel 25° percentile, significa che è più piccolo del 75% dei suoi coetanei. Altro scopo di questa ecografia è quello di vedere se il bambino si trova con i piedi in giù (posizione podalica), nel qual caso se ne dovrà programmare un’ulteriore a ridosso del parto. Questa permetterà di verificare se il nascituro si è girato oppure no e di valutare, in questo caso, la necessità di un taglio cesareo. Non ultimo il controllo del liquido amniotico le cui alterazioni possono far sospettare problemi per il decorso della gravidanza. La presenza di tanto liquido (polidramnios) può far sospettare un diabete gestazionale, mentre una diminuita quantità (oligoidramnios) può essere espressione di una attività contrattile non riconosciuta dalla donna o di sofferenza fetale. Questi dati sollecitano a una maggiore attenzione alla gravidanza.

Le altre ecografie
Pur non essendo prevista dal SSN, nelle prime fasi della gravidanza, verso la 6ª – 7ª settimana, viene ormai eseguita quasi di routine una prima ecografia. In genere si effettua per via trans-vaginale, e permette di visualizzare il battito cardiaco fetale ed eventuali problemi gravidici come, per esempio, un aborto interno.
Al termine della gravidanza, se non si è partorito alla 39ª settimana più sei giorni, il SSN prevede che vengano fatte altre ecografie, nell’ambito di quello che viene chiamato “ambulatorio del controllo termine”. Queste servono a valutare se il bambino sta bene, grazie alla presenza di movimenti attivi e di tono fetale, stimati come movimenti di flessione o estensione degli arti, presenza di movimenti respiratori fetali, volume del liquido amniotico. Si controlla poi se la placenta è ancora in grado di svolgere la sua funzione. Questi esami vengono fatti alla data presunta del parto (40ª settimana), e poi a giorni alterni, a partire dall’inizio della 41ª settimana, fino ad arrivare al limite massimo di 41 settimane più sei giorni, quando il parto, se ancora non è arrivato, viene indotto.

A cura di Giorgia Diana