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Dolore cronico

Emicrania, verso una terapia preventiva con anticorpi?

Gli anticorpi monoclonali potrebbero rappresentare il futuro del trattamento del mal di testa. Sono allo studio delle molecole che verrebbero somministrate periodicamente ai pazienti con forme croniche di emicrania, ma anche di cefalea a grappolo, o forme episodiche ma refrattarie ai trattamenti standard. Ne parliamo con il dottor Vincenzo Tullo, specialista neurologo e responsabile dell’ambulatorio sulle cefalee di Humanitas.

Verso nuovi farmaci?

Diversi gruppi di ricerca hanno valutato l’efficacia di anticorpi monoclonali per il trattamento del mal di testa. Gli anticorpi monoclonali sono molecole altamente specializzate contro un determinato antigene. In questo caso l’antigene è il CGRP (Calcitonin Gene Related Peptide), un peptide vasodilatatore coinvolto nella trasmissione del dolore e anche del mal di testa quando una crisi di emicrania è in corso.

Vari studi in fasi diverse hanno fornito importanti risultati circa l’azione e l’utilità di questi anticorpi monoclonali. Queste molecole si indirizzano contro il peptide direttamente o contro i suoi recettori presenti nel sistema nervoso e neutralizzano la trasmissione del dolore. Le crisi emicraniche verrebbero così disinnescate.

Si tratterebbe di una terapia preventiva in grado di ridurre la frequenza degli attacchi e l’intensità del dolore, con una somministrazione di farmaci per via endovenosa o sottocutanea periodica, ad esempio ogni mese oppure ogni due mesi.

I potenziali beneficiari

Due recenti studi pubblicati su New England Journal of Medicine hanno raggiunto dei risultati molto interessanti. Uno ha valutato l’azione di erenumab, un anticorpo monoclonale iniettato in dosi da settanta o centoquaranta milligrammi una volta al mese. Si è visto come la molecola aiutasse a ridurre in maniera significativa il numero delle crisi e dunque a contenere l’impatto dell’emicrania nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, concludono i ricercatori, la sicurezza e l’efficacia nel lungo periodo dell’anticorpo necessitano ulteriori evidenze.

A conclusioni analoghe è giunto anche l’altro studio che invece ha sperimentato l’anticorpo monoclonale fremanezumab. I pazienti nei quali era stato somministrato nell’arco di dodici settimane hanno beneficiato di una maggiore riduzione delle crisi emicraniche.

«Questi farmaci trovano indicazione nei pazienti affetti da emicrania cronica (cefalea per più di quindici giorni al mese da più di tre mesi) e da cefalea a grappolo cronica (attacchi pressoché quotidiani senza periodi di remissione per almeno un anno o con periodi di remissione inferiori a un mese nell’anno)», sottolinea il dottor Tullo.

«A oggi – continua – non è possibile dire se gli anticorpi monoclonali saranno anche una terapia di prima linea per le cefalee episodiche o rimarranno prescrivibili solo per le cefalee croniche refrattarie ai comuni trattamenti di prevenzione. Possiamo sicuramente affermare che si tratta di una nuova e valida terapia nella difficile lotta contro l’emicrania e la cefalea a grappolo», conclude lo specialista.