Posizionato tra i due polmoni, quasi al centro della cavità toracica, il cuore è la centrale energetica dell’apparato circolatorio. Fungendo da pompa, grazie al suo moto perpetuo di contrazione e rilasciamento, con le sezioni destre (atrio e ventricolo destro) riceve sangue venoso dalla periferia, lo immette nella circolazione polmonare per l’ossigenazione, che, con le sezioni sinistre, viene “lanciato” nell’aorta e da lì nelle arterie, trasportando ossigeno e nutrienti ai tessuti di tutti gli organi.
A riposo, il cuore batte da 60 a 100 volte al minuto, trasportando circa 5-6 litri di sangue. Pertanto in un giorno il cuore trasporta circa 8.000 litri di sangue, battendo più di 100.000 volte, spingendolo attraverso i circa 100.000 Km di vasi sanguigni del corpo umano, due volte e mezzo il giro del pianeta Terra.
Con un peso che va dai duecento ai trecento grammi – più leggero quello delle donne rispetto a quello degli uomini – e con un volume di seicento centimetri cubi, cioè le dimensioni di un pugno chiuso, il cuore comincia a battere a circa 16 giorni dal concepimento e da allora non smetterà più di accompagnarci.
Ne scopriamo tutte le caratteristiche con l’aiuto del professor Gianluigi Condorelli, Direttore del Dipartimento Cardiovascolare di Humanitas.
Un po’ di anatomia: le parti principali del cuore
Il miocardio, il tessuto cardiaco, è composto di tre strati: pericardio, miocardio, ed endocardio.
Se lo si guarda dall’esterno, è rivestito da una sottile membrana che avvolge anche i grossi vasi sanguigni che arrivano o partono dallo stesso, il pericardio.
Il miocardio, il tessuto muscolare che costituisce le pareti del cuore, è situato tra il pericardio e l’endocardio. Il miocardio è un muscolo che si contrae con una frequenza e una forza regolati in primis dal sistema nervoso, che può indurre molto rapidamente un’accelerata o una frenata, e ad altri fattori fisiologici.
Il muscolo cardiaco ha caratteristiche particolari: si contrae e si rilassa in modo differente rispetto ad altri muscoli presenti nel corpo umano ed è facilmente eccitabile. Poche cellule, dette “pacemaker”, del muscolo cardiaco super specializzate si eccitano automaticamente, creando un’onda elettrica trasportata in tutto l’organo attraverso un tessuto muscolare cardiaco specializzato, il tessuto di conduzione elettrica, da cui poi deriva l’eccitazione e la successiva contrazione coordinata del muscolo.
Le cellule pacemaker sono localizzate nelle pareti atriali e si eccitano circa 60 volte al minuto. Se queste cellule o quelle del tessuto di conduzione non funzionano più, evento frequente con l’età o a seguito di danno al cuore, le gerarchie dell’eccitazione vengono meno e iniziano anomalie della conduzione che si definiscono aritmie.
La funzione delle valvole cardiache
Il cuore è composto da quattro camere, in alto ci sono l’atrio destro e l’atrio sinistro, nella parte inferiore il ventricolo destro e il ventricolo sinistro. Gli atri e i ventricoli sono separati tra loro dal setto interatriale o interventricolare e comunicano, atrio destro con ventricolo destro e atrio sinistro con ventricolo sinistro, tramite le valvole cardiache, tricuspide e mitrale, rispettivamente.
Altre due valvole cardiache controllano il passaggio del sangue tra il ventricolo destro e arteria polmonare (valvola polmonare) e tra ventricolo sinistro e aorta (valvola aortica). Le loro apertura e chiusura sono controllate dalle variazioni di pressione del sangue, che a sua volta dipende dagli stati di rilasciamento e contrattilità del miocardio.
Come funziona il cuore?
Dal cuore il sangue viene recapitato in tutto il corpo. Il sangue si distingue in arterioso, ricco di ossigeno, e venoso, che invece ne è povero.
Nel ciclo del sistema circolatorio il sangue venoso, carico di scarti e di anidride carbonica, arriva all’atrio destro del cuore mediante due vene (vena cava inferiore e vena cava superiore) e viene trasferito, attraverso la valvola tricuspide, nel ventricolo destro. Da qui, attraverso la valvola polmonare, il sangue entra nei polmoni e viene ossigenato, per poi tornare nelle cavità cardiache, dall’atrio sinistro al ventricolo sinistro.
Infine, dopo essere passato dalla valvola aortica, il sangue viene spinto nell’aorta e diffuso in tutto il corpo, grazie alle arterie e ai capillari. È proprio nei capillari che avviene lo scambio di ossigeno tra sangue e tessuti: una volta rilasciato l’ossigeno, i capillari, che contengono sangue venoso, a loro volta continuano in vene sempre più grandi, fino a raggiungere le vene cave, che portano il sangue alle cavità cardiache. Le sostanze prodotte dai tessuti e rilasciate nel sangue venoso vengono invece riciclate nel fegato. Il ciclo è allora pronto per ricominciare.
Cuore, le malattie più frequenti nel mondo Occidentale
Tanto importante è per noi questo muscolo, che i problemi a esso legati possono risultare fatali o invalidanti.
Come detto, il cuore è un muscolo e, come tale, ha bisogno di ossigeno e nutrienti. Questi vengono trasportati tramite le arterie coronarie.
La malattia coronarica è un processo degenerativo dei vasi coronarici arteriosi. L’aterosclerosi è una patologia degenerativa di vasi arteriosi non solo coronarici ma di tutto il corpo, che può dar luogo a patologia ischemica miocardica (infarto, angina), ictus (aterosclerosi delle arterie necessarie all’irrorazione cerebrale), claudicatio intermittents (aterosclerosi dei vasi dei muscoli degli arti inferiori) o patologie ischemiche di altri distretti, anche gastrointestinali o renali.
L’infarto miocardico si verifica a seguito di una chiusura più o meno prolungata di un’arteria coronarica che porta alla necrosi del tessuto. Data l’importanza di questo problema e la gravità delle sue conseguenze, è fondamentale saper riconoscere i sintomi dell’ischemia miocardica, anche se può essere anche asintomatica, soprattutto nei pazienti diabetici. Tra i sintomi indichiamo il dolore angina pectoris, fino a diversi minuti per l’infarto miocardico. Vi possono inoltre essere difficoltà respiratorie, nausea e vomito, sudorazione fredda e vertigini.
L’infarto è nella grande maggioranza dei casi causato dalla trombosi del vaso, cioè l’occlusione di un grande ramo coronarico, e quindi dall’interruzione del flusso sanguigno nel miocardio. È bene sottolineare che il processo che porta all’angina e all’infarto è lo stesso, con conseguenze variabili in termini di danno tessutale.
Le patologie valvolari sono anch’esse molto frequenti. Nei Paesi occidentali si assiste, grazie a un incremento della vita media, a un aumento molto rilevante di patologie degenerative in particolare della valvola aortica. Le calcificazioni a carico di questa valvola, tipiche della terza età, possono determinare un cattivo funzionamento fino addirittura alla chiusura. Oggi per fortuna stanno prendendo piede sempre di più tecniche mini-invasive (TAVR) che consentono la sostituzione valvolare aortica senza aprire il torace, ma attraverso un catetere arterioso. Viceversa, le patologie valvolari legate alla malattia reumatica, che interessavano prevalentemente la valvola mitrale, sono quasi scomparse grazie al controllo delle infezioni.
Quest’ultime possono comunque colpire le valvole cardiache, determinando una patologia che si chiama endocardite valvolare, una condizione molto seria, a cui bisogna far fronte con la sostituzione valvolare in tempi rapidi.
Lo scompenso cardiaco è causato dall’incapacità del cuore di assolvere alla normale funzione contrattile di pompa, non riuscendo a soddisfare il corretto apporto di sangue a tutte le zone del corpo. È una patologia che può avere diverse cause, con un’incidenza crescente, paradossalmente legata ai progressi delle terapie nella medicina cardiovascolare.
Lo scompenso cardiaco è il più delle volte dovuto a perdita di tessuto cardiaco a seguito di infarto o, più raramente, di processi infiammatori a carico del tessuto cardiaco; oppure può essere dovuto a cause intrinseche alle cellule della contrattilità. In tal caso è spesso ereditario.
La sintomatologia dello scompenso cardiaco può variare, e può essere agli inizi anche asintomatico. Affaticamento dopo sforzo, anche lieve, mancanza di fiato fino ad arrivare a difficoltà respiratorie in posizione supina, addome gonfio o dolente e giramenti di testa sono i sintomi più frequenti dei pazienti scompensati.
L’ictus è una malattia dovuta all’ischemia (mancanza di ossigenazione) del tessuto cerebrale. La causa di questo grave problema non è il cervello, ma le patologie cardiovascolari, tra cui l’aterosclerosi, l’ipertensione arteriosa e le aritmie. Per esempio, la fibrillazione atriale può generare ictus in quanto rallenta la velocità di scorrimento del sangue in queste cavità, facilitando la formazione di trombi che poi dal cuore raggiungono i vasi del cervello, occludendoli. In altri casi, trombi che si formano nelle vene periferiche possono arrivare all’atrio destro e, da qui attraverso il forame ovale che frequentemente è pervio, passare alle cavità sinistre e poi al cervello.
Esistono pertanto diversi tipi di ictus, a seconda delle cause che lo provocano: si può trattare di ictus trombotici, embolici, emorragici, tutti collegabili alle patologie cardiovascolari.
Abitudini per un cuore sano
Negli ultimi 30 anni la vita media si è allungata di più di sette anni. Di questi, quattro anni e mezzo sono dovuti alla comprensione dei meccanismi delle malattie cardiovascolari e alle relative terapie mediche e chirurgiche.
La salute del cuore dipende da tanti fattori, in parte ereditari ma in larga misura acquisiti. Questi fattori vengono chiamati di rischio (o stili di vita), alcuni non modificabili (età, sesso, familiarità), altri completamente o in parte modificabili (ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta, dislipidemia, inattività fisica, obesità, diabete mellito, insufficienza renale). Sono fattori sinergici, che vanno combattuti insieme.
Per avere un cuore sano, bisogna impegnarsi iniziando dall’infanzia. Attività fisica, regimi dietetici corretti, controllo della pressione arteriosa dovrebbero essere quindi perseguiti fin da subito. Viceversa, ancora oggi ci si inizia a preoccupare delle malattie cardiovascolari dopo la quarta decade di vita, quando la patologia vascolare rischia di essere in fase avanzata e ha potenzialmente già danneggiato i vasi arteriosi. La conseguenza è che le malattie cardiovascolari sono ancora la prima causa di morte.