Il prolasso degli organi pelvici è una condizione che interessa la popolazione femminile, soprattutto oltre i 60 anni, coinvolgendo frequentemente più distretti pelvici. Le opzioni di trattamento possono comprendere approcci farmacologici, riabilitativi e, in alcuni casi, chirurgici. Tuttavia, è essenziale valutare e trattare la causa sottostante, non limitandosi a gestire solo il sintomo specifico.
Ne parliamo con ilprofessor Jacques Lucien Megevand, responsabile di Chirurgia Generale e del Centro del Pavimento Pelvico di Humanitas San Pio X.
Prolasso: quali sono i sintomi?
Il prolasso si verifica quando uno o più organi del pavimento pelvico, come la vescica, l’utero, l’intestino tenue o il retto, si spingono e fuoriescono dalla vagina o dall’ano. Questa condizione può essere monocompartimentale o pluricompartimentale, coinvolgendo uno o più organi.
La terminologia utilizzata per descrivere i diversi tipi di prolasso deriva dall’organo coinvolto. Ad esempio, si parla di rettocele quando il retto si protrae nella vagina, di enterocele quando l’intestino tenue fuoriesce, di prolasso rettale interno quando il retto si invagina dentro se stesso impedendo una corretta evacuazione delle feci, di cistocele per il prolasso della vescica, di ureterocele per quello dell’uretra e di prolasso uterino quando l’utero è coinvolto.
È possibile che diversi tipi di prolasso si manifestino contemporaneamente, causando alla donna sensazioni di pesantezza, pienezza o pressione nella zona della vagina o nella regione ano-rettale con conseguente grave difficoltà a defecare.
Le disfunzioni del pavimento pelvico possono manifestarsi con sintomi vari in base al distretto coinvolto. Questi possono includere:
- incontinenza urinaria
- difficoltà nel controllo delle urine durante sforzi e attività quotidiane
- problemi di svuotamento completo della vescica
- urgenza urinaria
- incontinenza fecale
- difficoltà nell’evacuazione delle feci
- dolore durante i rapporti sessuali
- dolore pelvico.
Nelle fasi avanzate, la donna può avvertire la sensazione che gli organi pelvici si protendano dalla vagina, specialmente in posizione eretta, limitando significativamente la qualità di vita.
Quando è necessaria la chirurgia del pavimento pelvico?
Questi problemi, data la loro complessità, richiedono un approccio multidisciplinare coinvolgendo specialisti di ciascun distretto coinvolto. Questo consente di fornire una diagnosi accurata e una terapia specifica per risolvere i disturbi nel minor tempo possibile. Non esiste un approccio terapeutico standard, e la riabilitazione del pavimento pelvico potrebbe non essere indicata o non portare benefici in alcuni casi. In tali situazioni, il team multidisciplinare può valutare la possibilità di un intervento di chirurgia ricostruttiva del pavimento pelvico, mirato a ripristinare e posizionare correttamente tutte le strutture coinvolte, correggendo i disturbi associati al prolasso.
L’obiettivo della chirurgia ricostruttiva del pavimento pelvico è ripristinare la funzionalità del sistema pelvico, cercando di preservare l’anatomia e le funzioni fisiologiche coinvolte, come quelle vescicali, rettali e sessuali. Nonostante la complessità dell’intervento, le moderne tecnologie consentono procedure più conservative e mininvasive rispetto al passato.
L’intervento può essere eseguito attraverso diverse vie, come quella perineale (transanale e/o transvaginale), addominale, laparoscopica o con l’ausilio della tecnologia robotica. Il chirurgo proctologo, il ginecologo e l’urologo sono coinvolti nella pianificazione dell’intervento. L’obiettivo della chirurgia del pavimento pelvico è ricostruire e riposizionare le strutture pelviche, cercando di correggere i disturbi derivanti dall’alterata funzionalità del sistema pelvico. Importante è preservare il più possibile l’anatomia, evitando la rimozione sistematica, quando possibile, di organi come l’utero, come accadeva in passato.