Il fumo fa male e lo fa in diverse forme. Certamente quando viene inalato da chi fuma, ma anche quando viene respirato dai non fumatori. C’è però un’altra forma potenzialmente pericolosa: il fumo di terza mano. Sono i residui delle sostanze tossiche che restano sulle superfici degli ambienti in cui si è fumato: «È un concetto relativamente nuovo, su cui la ricerca sta ancora lavorando per definire completamente gli effetti nocivi per la salute. Ma in base alle indicazioni emerse dai lavori pubblicati è possibile far leva anche su questo aspetto per indurre i fumatori a smettere», ricorda la dottoressa Licia Siracusano, oncologa e referente del Centro Antifumo di Humanitas Cancer Center.
Anche il “passivo” aumenta il rischio di tumore
Il fumo di sigaretta è uno dei principali fattori di rischio per la salute. Il sistema cardiovascolare e respiratorio, ma non solo, anche l’apparato osteo-articolare e la pelle ad esempio, possono subire le conseguenze nocive dell’esposizione al fumo. Malattie mortali come infarto del miocardio e ictus cerebrale vedono nel fumo un chiaro fattore di rischio, così come il tumore del polmone. Fra l’85% e il 90% di tutte le diagnosi di questa neoplasia sono correlate al fumo di sigaretta.
Come ricorda l’Aiom-Associazione italiana di Oncologia medica, anche i non fumatori esposti al fumo passivo hanno un rischio aumentato di insorgenza di tumore al polmone. Chi circonda persone che fumano respira fumo passivo tanto dalle esalazioni dei fumatori quanto da ciò che produce la sigaretta accesa, con tutte le sostanze tossiche contenute: dalla nicotina alla formaldeide al monossido di carbonio.
Centinaia di composti chimici
Il fumo che si sprigiona dalla combustione, quando si fuma in ambienti chiusi, può contaminarne le superfici: le tende e i tappeti, i mobili, le pareti, la bianchera, la tappezzeria delle automobili e anche i vestiti dei fumatori. È questo il fumo di terza mano su cui la ricerca ha rivolto la propria attenzione negli ultimi decenni.
Secondo l’American Thoracic Society sono duecentocinquanta le sostanze chimiche contenute nel fumo di terza mano. Sono questi i composti chimici che si accumulano nel tempo negli ambienti indoor e che potrebbero interagire con gli inquinanti atmosferici rappresentando un potenziale pericolo soprattutto per i bambini molto piccoli. Questi tendono infatti a mettere in bocca gli oggetti con cui entrano in contatto, che gattonano e che passano molto tempo in braccio agli adulti. Come emerso da una ricerca pubblicata su Tobacco Control nel 2004, nelle urine dei bambini che vivono in case in cui è permesso di fumare dentro sono presenti maggiori livelli di cotinina, un metabolita della nicotina impiegato come marcatore del grado di esposizione al fumo.
Il legame tra il rischio di tumore e il fumo di terza mano non è ancora emerso, come ricorda l’American Cancer Society. Gli scienziati stanno lavorando per definirne l’associazione, ad esempio una ricerca del 2013 pubblicata su Mutagenesis ha indicato che il fumo di terza mano può danneggiare il DNA di cellule umane testate in laboratorio.
In ogni caso, in che modo si può limitare l’esposizione al fumo in tutte le sue forme? «Chi fuma non deve mai farlo in casa e chi non fuma non deve permettere a nessuno di accendere sigarette al chiuso, a maggior ragione se ci sono o vivono bambini», sottolinea la dottoressa Siracusano. «In attesa di nuove indicazioni dal campo della ricerca è comunque possibile far cenno al fumo di terza mano e ai suoi potenziali effetti negativi per convincere chi fuma a smettere. L’hanno indicato per esempio due ricerche pubblicate su Pediatrics nel 2009 e nel 20014: enfatizzare il fatto che il fumo di terza mano possa essere dannoso alla salute dei bambini può essere un elemento importante nell’incoraggiare il divieto di fumare in casa o in macchina. Sensibilizzare i genitori al rischio associato al fumo di terza mano può dunque contribuire a raggiungere risultati positivi nella lotta contro il fumo», conclude la specialista.