L’assunzione di almeno quattro porzioni di patate a settimana si associa a un maggior rischio di ipertensione arteriosa, mentre la sostituzione di un porzione di patate con una di ortaggi senza amido ridurrebbe il rischio di avere valori di pressione più alti; queste sono le conclusioni di uno studio pubblicato sul British Medical Journal e realizzato da ricercatori del Brigham and Women’s Hospital e dell’Harvard Medical School di Boston (Usa).
Sono stati analizzati i dati relativi a oltre 187 mila tra uomini e donne, ricavati da tre grandi studi americani i cui patecipanti sono stati seguiti per oltre 20 anni. I dati presi in considerazione e ricavati da questionari compilati periodicamente dai partecipanti allo studio, facevano riferimento all’apporto calorico, alla frequenza e modalità di consumo di patate e alla diagnosi di ipertensione.
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Dall’analisi dei dati è emerso che nelle donne l’assunzione di almeno quattro porzioni a settimana di patate bollite, in purè, al forno o fritte si associa a un maggior rischio di sviluppare ipertensione rispetto a chi ne consuma meno di una porzione al mese. Sotto accusa sarebbero soprattutto le patatine fritte, correlate in maniera più significativa al rischio di ipertensione in entrambi i sessi (incremento del 17%); assolte, invece, le patatine in sacchetto (chips).
Come sottolineano gli stessi autori, lo studio presenta alcune limitazioni che non consentono di desumere dati conclusivi. Ce ne parla la dottoressa Roberta Paliotti, cardiologa dell’ospedale Humanitas: «I dati fanno riferimento a una dieta non controllata, il che significa che i ricercatori non conoscevano effettivamente la quantità di patate consumate nè, tantomeno, il tipo di condimento e la quantità di sale usato; mentre è noto che proprio l’apporto di sale con la dieta ha effetto sui livelli di pressione arteriosa, soprattutto nei soggetti sodio-sensibili. Inoltre, i dati relativi alla diagnosi di ipertensione erano solo autoriferiti».
Attenzione a peso e consumo di sale per prevenire l’ipertensione
«Pur con questi limiti, che impongono cautela nell’interpretazione dei risultati, i dati dello studio mostrano una relazione fra consumo di patate e rischio d’insorgenza di ipertensione, probabilmente riconducibile all’elevato indice glicemico di questo tubero che indurrebbe, tra l’altro, disfunzione endoteliale a livello vascolare, responsabile di un’alterazione del controllo pressorio».
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In un editoriale a corredo dell’articolo si legge che è più utile valutare il rischio di ipertensione in associazione a una dieta piuttosto che a un singolo alimento o nutriente. «Una dieta complessivamente varia ed equilibrata, che aiuti a controllare il peso corporeo e che preveda un basso apporto di sale, è sicuramente utile per la prevenzione dell’ipertensione arteriosa e come terapia non farmacologica dell’ipertensione quando se ne sia fatta diagnosi», conclude la specialista.