È improbabile che il glifosato sia cancerogeno per l’uomo. Un parere congiunto della FAO, la Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite, e dell’OMS, l’Organizzazione mondiale della Sanità, mette, almeno per il momento, un punto fermo sulla questione glifosato, sostanza presente in un diserbante molto diffuso in agricoltura.
La decisione delle due organizzazioni dell’ONU è arrivata a conclusione di un convegno congiunto sui residui dei pesticidi tenutosi a Ginevra pochi giorni fa. Il comitato di esperti ha revisionato le evidenze scientifiche disponibili concludendo sulla non cancerogenicità del glifosato, che non è dunque “genotossico”, ovvero è improbabile che abbia un effetto distruttivo sul materiale genetico delle cellule umane.
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Il comitato ha confermato inoltre il valore di dose giornaliera accettabile (la quantità che si può assumere tutti i giorni senza andare incontro a effetti avversi), pari a 1 mg per Kg di peso corporeo.
Anche dall’Efsa nessun legame tra cancro e glifosato
Negli ultimi anni diverse autorità regolatorie nazionali e internazionali si erano occupate di glifosato e del potenziale rischio di favorire l’insorgenza di tumori. Tra queste lo IARC di Lione, l’Agenzia internazionale per la Ricerca sul cancro dell’OMS, che aveva sostenuto invece la probabile cancerogenicità del pesticida. Lo IARC aveva inserito la sostanza nel gruppo 2A, quello delle sostanze “probabilmente” cancerogene dove lo scorso ottobre erano finite anche le carni rosse.
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Secondo il comitato FAO-OMS però i risultati sebbene “differenti sono complementari”. Mentre lo IARC ha identificato il potenziale pericolo, OMS e FAO hanno stimato il livello di rischio per la popolazione associato all’esposizione al glifosato con l’alimentazione. Sulla stessa scia di OMS e FAO vanno anche i pareri dell’EFSA, l’Autorità europea per la Sicurezza alimentare, e dell’Agenzia per la Protezione dell’ambiente degli Stati Uniti.
Se il glifosato è stato “assolto”, da quali altre sostanze dovremmo guardarci per fare prevenzione oncologica?
«Da decenni è noto che il fumo di sigaretta è cancerogeno e non solo in relazione al carcinoma polmonare. Oltre a non fumare e a non usare tabacco in alcuna forma – risponde la dottoressa Lorenza Rimassa, vice responsabile dell’UO di Oncologia Medica dell’Istituto Clinico Humanitas – è importante anche non respirare fumo passivo. Inoltre bisogna fare attenzione a rispettare, sul luogo di lavoro, le norme di sicurezza che proteggono dalle sostanze cancerogene. A casa, infine, bisogna verificare di non essere esposti a radiazioni naturali derivanti da alti livelli di radon, un gas radioattivo proveniente dal decadimento dell’uranio presente nelle rocce, nel suolo e nei materiali da costruzione che può accumularsi negli ambienti al chiuso».