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Diabete, dalle staminali le cellule per produrre insulina?

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Le cellule staminali potrebbero risultare decisive per il trattamento del diabete: da queste verrebbero ricavate delle cellule che producono insulina. Cellule funzionali, che oltre a rilasciare questo ormone, sarebbero anche in grado di “rispondere” al glucosio. Un tipo di cellule beta del pancreas è stato creato in laboratorio grazie alle staminali da un team del Salk Institute for Biological Studies (Stati Uniti).

Lo studio, apparso su Cell Metabolism, è stato condotto su modelli sperimentali con risultati incoraggianti, tuttavia sono gli stessi scienziati a invocare cautela: prima di poter arrivare a testare queste cellule beta nell’uomo ci vorranno ancora diversi anni.

Le cellule beta sono quelle cellule del pancreas che producono insulina una volta “allertate” dal glucosio. Nei pazienti con diabete di tipo 1 queste cellule sono distrutte, mentre in quelli con diabete di tipo 2 il funzionamento delle cellule può essere difettoso. Negli ultimi anni molti ricercatori hanno provato a risolvere questi problemi con risultati non del tutto convincenti: sebbene le cellule fossero in grado di produrre insulina, erano semplicemente poco reattive al glucosio.

(Per approfondire leggi qui: Scoperta la proteina che causa il pre-diabete)

Il team del Salk Institute, invece, si è spinto oltre creando cellule funzionanti. È partito da cellule staminali pluripotenti indotte, ovvero ricavate da un tessuto (come la pelle) e riprogrammate in un altro tipo di cellule. Ha prodotto così delle cellule pre-beta, che producono insulina ma non ancora del tutto funzionali.

In un secondo momento, studiando la biologia molecolare delle cellule, ha scoperto diversi interruttori molecolari che erano spenti ma che avrebbero potuto controllare la transizione di queste cellule verso uno stadio completamente funzionale. Il team si è concentrato su un interruttore in particolare, l’ERR- gamma, presente nel nucleo delle cellule. Questo si è rivelato decisivo nel risvegliare le cellule pre-beta silenti in grado così anche di rispondere al glucosio.

Quella del Salk Institute è una strada promettente?

«Assolutamente sì, il diabete riguarderà circa 400 milioni di individui al mondo e in Italia circa 4 milioni ne sono già affetti. Di questi il 4-5% è stimato essere affetto da diabete tipo 1, quindi quello che necessita terapia insulinica per via iniettiva. A tutt’oggi non abbiamo ancora un’eventuale alternativa (i trapianti e di pancreas e di insule non sono ancora nella normale pratica clinica), quindi percorrere altre strade risulta mandatorio», rispondono gli specialisti di Humanitas.

(Per approfondire leggi qui: Diabete, in Italia 1 persona su 5 ha la malattia senza saperlo)

Risolvere il problema delle cellule beta sarebbe una svolta per il trattamento del diabete?

«Certo. Negli anni in cui ho lavorato nel laboratorio “trapianto isole” eravamo riusciti a far produrre insulina dalle cellule epatiche, ma il problema era che la produzione di insulina non era in alcun modo regolata dalla glicemia del soggetto ricevente (si parla di studi altamente sperimentali in-vitro e su modelli sperimentali). Da allora numerosi tentativi sono stati fatti per costruire un’alternativa alla beta-cellula, con scarsi successi. La possibilità di programmare una cellula staminale a scopi metabolici potrebbe davvero rappresentare un ulteriore passo avanti nella cura del diabete».