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Alzheimer, allo studio un “serbatoio” di anticorpi da inserire sottocute

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Anticorpi anche con l’assunzione di farmaciUn servizio per te

Una capsula contro l’Alzheimer. Si tratta di una “riserva” di anticorpi con cui aiutare il sistema immunitario a contrastare la malattia. A sviluppare questo innovativo dispositivo è stato il team del laboratorio di Patrick Aebischer del Politecnico Federale di Losanna.

Una delle cause ipotizzate della malattia di Alzheimer è proprio l’accumulo della proteina beta-amiloide che forma delle placche tra i neuroni responsabili del declino cognitivo tipico dell’Alzheimer. Queste rappresentano dunque un bersaglio prediletto della ricerca: lo scopo è quello di segnalare il prima possibile al sistema immunitario la presenza di questo materiale tossico da rimuovere.

(Per approfondire leggi qui: Alzheimer, in Italia colpiti in 600mila. Malati sempre più anziani)

Lo studio che illustra il funzionamento della capsula è stato pubblicato sulla rivista Brain. Questo strumento è stato testato su modelli sperimentali. Il dispositivo è fatto di materiali biocampatibili, è una sorta di cerotto dalle dimensioni molto ridotte, nell’ordine di alcuni millimetri, e contiene delle cellule modificate geneticamente per rilasciare un flusso continuo di anticorpi anti-proteina beta-amiloide. La capsula viene impiantata sottopelle e così gli anticorpi, dopo essere entrati in circolo nel sangue, giungono alla fine al cervello.

Anticorpi anche con l’assunzione di farmaci

Gli scienziati hanno monitorato il funzionamento della capsula-serbatoio di anticorpi nell’arco di 39 settimane. Alla fine del periodo di osservazione si è visto come si erano ridotte la concentrazione di proteina beta-amiloide e anche la fosforilazione della proteina tau, un processo associato all’Alzheimer e ad altre patologie neurodegenerative.

«La comunità scientifica sta cercando di bloccare l’accumulo di proteine anche grazie all’uso di anticorpi specifici che si legano a queste proteine mal ripiegate e che quindi contribuiscono a smaltirle. Il dispositivo tecnologico messo a punto dal team di Patrick Aebischer va proprio in questa direzione. L’obiettivo è quello di ottenere un brevetto e di poter procedere a sperimentazioni nell’uomo», spiega il professor Alberto Albanese, responsabile di Neurologia dell’ospedale Humanitas.

(Per approfondire leggi qui: Malattia di Alzheimer, dove sta andando la ricerca?)

«Questi anticorpi specifici che si legano alle proteine e che agevolano il loro smaltimento possono essere introdotti anche assumendoli come farmaci. Tuttavia il vantaggio di questa capsula da inserire sottopelle sarebbe quello di assicurare una riserva costante di anticorpi a persone che possono avere difficoltà ad assumere regolarmente i loro medicinali», conclude lo specialista.

 

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