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Anche le neuroscienze verso una medicina personalizzata?

Medicina di precisione o medicina personalizzata. È questa la meta verso cui dovrebbe tendere la ricerca nelle neuroscienze: «Per arrivarci è necessario mettere insieme i risultati che provengono da vari ambiti di ricerca: clinica, genetica, imaging e ricerche su alimentazione e stili di vita, ad esempio. Si tratta quindi di analizzare e mettere in correlazione una grande quantità di dati (si parla oggi di “big data”) attraverso piattaforme specifiche, che permettano di dirigersi verso la medicina di precisione e definire singoli trattamenti per singoli pazienti», spiega la professoressa Michela Matteoli, responsabile del Programma di Neuroscienze dell’ospedale Humanitas e direttore dell’Istituto di Neuroscienze del CNR.

(Per approfondire leggi qui: Cervello, ecco il neurone artificiale)

«Questo concetto è già stato sviluppato in altri campi come ad esempio l’oncologia, e infatti oggi sappiamo che la costituzione genetica dell’individuo è correlata direttamente alla suscettibilità a certi tipi di tumore così come alla responsività ad alcuni farmaci per il loro trattamento. Nel campo delle malattie neurodegenerative (malattia di Alzheimer, malattia di Parkinson) e del neurosviluppo (ad esempio autismo, schizofrenia) la situazione è più complessa. Sono coinvolti molti geni e c’è una forte componente di tipo ambientale: la medicina di precisione in neuroscienze è un concetto ancora in fase embrionale», conclude la professoressa Matteoli.

(Per approfondire leggi qui: Alzheimer trasmissibile? L’ipotesi in una ricerca)

La ricerca di Humanitas nelle neuroscienze può essere supportata da chiunque destinando all’ospedale il 5×1000 nella propria dichiarazione dei redditi 5×1000. Ma di cosa si stanno occupando i ricercatori?

«La ricerca in Humanitas è focalizzata sulla definizione dell’impatto di fattori di tipo ambientale, in particolar modo l’infiammazione, nell’aumentare la suscettibilità a determinati tipi di di patologie del neurosviluppo, come l’autismo e il ritardo mentale, ma anche neurodegenerative come la malattia di Alzheimer e la malattia di Parkinson».

Che rapporto c’è tra infiammazioni e patologie?

«Sta diventando sempre più chiaro che l’infiammazione non è una conseguenza della patologia ma è un fattore che può essere a monte della patologia stessa e può influenzarne la suscettibilità. Questa direzione della ricerca è molto stimolante perché mira a farci comprendere come uno stimolo ambientale, soprattutto in associazione a un corredo genetico suscettibile, possa aumentare il rischio di sviluppare malattie del cervello».