Le coperture vaccinali nazionali contro poliomielite, tetano, difterite, epatite B e pertosse sono sotto la soglia minima prevista. Nel 2014, secondo quanto rilevato dal ministero della Salute, il livello di vaccinazione è sceso sotto il 95% previsto dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale. I dati si riferiscono ai bambini nati nel 2012.
Si tratta di un calo significativo rispetto all’anno precedente quando la copertura era di poco superiore all’obiettivo minimo. Per quanto riguarda l’Haemophilus influenzae b il livello è rimasto invariato al 94,5% mentre la riduzione per morbillo, parotite e rosolia è stata più marcata passando dal 90,3% all’86,6%. Questi dati rispecchiano una situazione che “tende progressivamente a peggiorare, rischia di avere gravi conseguenze sia sul piano individuale che collettivo”, dice il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Walter Ricciardi.
Con il calo dei vaccini rischio reale che alcune malattie ritornino
«Sono numeri che rappresentano un motivo di allarme molto serio. La speranza è che ci sia una presa di coscienza della gravità di questa situazione com’è successo in California, ad esempio, dove non si sono ammesse più obiezioni di coscienza se non per motivi di tipo medico dopo il calo della copertura vaccinale per il morbillo». Così il professor Alberto Mantovani, direttore scientifico di Humanitas e docente di Humanitas University, che continua: «Questa presa di coscienza è ancor più necessaria alla luce dei flussi migratori che interessano tutti i continenti. È importante proteggere con i vaccini sia chi emigra sia chi accoglie».
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Con il calo delle coperture vaccinali c’è il rischio che ritornino malattie tenute sotto controllo proprio con la somministrazione di vaccini: «Senza il presidio dei vaccini qualsiasi malattia può ritornare. Basti pensare alla poliomielite in Siria o al ritorno della difterite laddove il livello di immunizzazione è ridotto», aggiunge il professore.
Decisivo il ruolo degli operatori sanitari sul ricorso ai vaccini
Un ruolo decisivo per invertire questa tendenza è giocato dagli operatori sanitari che sono investiti di maggiore responsabilità a più livelli. «In primo luogo – evidenzia il professor Mantovani – tutti gli operatori sanitari devono essere informati secondo gli standard scientifici più autorevoli sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini. In secondo luogo i medici hanno una grande responsabilità verso se stessi, i loro familiari e la comunità in cui operano: sono più esposti ai virus o agli altri agenti infettivi e possono diventarne veicolo di trasmissione».
(Per approfondire leggi qui: Influenza, ministero della Salute: vaccini e igiene le regole di prevenzione)
«Il medico che non si vaccina – dice in conclusione – è un po’ come il medico che fuma: tradisce la sua missione di medico se non promuove la buona pratica della prevenzione e del ricorso ai vaccini».