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Il resveratrolo non sarebbe così miracoloso

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Il Resveratrolo, contrariamente a quanto finora sostenuto, non sarebbe un toccasana così efficiente per il nostro organismo. A confutare il potere di questa sostanza – per essere precisi si tratta di un fenolo non flavonoide che si trova in buona quantità nelle bucce degli acini d’uva, quindi nel vino, e nel cioccolato – è una ricerca compiuta da un team di ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora, negli Stati Uniti, pubblicata lo scorso 12 maggio su Jama Internal Medicine.

Lo studio ha riguardato le urine di un gruppo di anziani abitanti di due paesi della regione del Chianti, in Toscana: in totale 800 uomini e donne con un’età superiore ai 65 anni. I risultati ottenuti sembrano dimostrare che le persone che hanno mostrato di avere nelle urine maggiori quantità di resveratrolo non sono state avvantaggiate, rispetto alle altre contraddistinte da scarse dosi, dal punto di vista dei rischi di contrarre malattie cardiache o varie tipologie di tumore.

 

Il resveratrolo, presente nel vino, fa bene o non fa bene?

Lasciamo il commento della notizia al dottor Giordano Beretta, responsabile dell’Unità Operativa di Oncologia Medica di Humanitas Gavazzeni.

 

Consigli a cura del dottor Giordano Beretta

responsabile Unità Operativa di Oncologia Medica di Humanitas Gavazzeni

 

«È difficile commentare una notizia del genere, perché quando si parla di studi fatti su sostanze legate alla dieta sorgono sempre grosse difficoltà di valutazione. Bisognerebbe leggere lo studio nel suo complesso per capire bene quali percorsi di ricerca sono stati intrapresi e quali risultati sono stati effettivamente raggiunti.

Da quanto al momento noto il dato appare perlomeno dubbio, come spesso avviene per gli studi che analizzano fattori assunti con la dieta in quantità moderate. È molto difficile valutare le reazioni a una sostanza come il Resveratrolo partendo solo dalle analisi delle urine di un gruppo di persone che vive da sempre in uno stesso contesto sociale e geografico, dal momento che è poco probabile trovare persone che, in questo ambito, non abbiano mai assunto nessuna quantità di questa sostanza (uva, cioccolato, vino, ecc.) ed è quindi molto difficile confrontare soggetti dediti all’uso da soggetti esenti dall’uso. È inoltre difficile stabilire quale sia l’effetto portato dalla sostanza – questa come molte altre – dal momento che l’eliminazione potrebbe avvenire in modo diverso da soggetto a soggetto e il contenuto urinario, legato principalmente proprio alla rapidità di eliminazione, potrebbe non essere il miglior indicatore per stabilire l’effetto nel singolo organismo.

Bisogna quindi stabilire se le analisi delle urine siano il metodo migliore per una ricerca di questo genere: altri tipi di esami potrebbero fornire risultati differenti, se non opposti.

I ricercatori di Baltimora hanno sottolineato inoltre che non è possibile escludere, comunque, un beneficio portato dall’assunzione del vino indipendentemente dal ruolo di questa sostanza. Riconoscendo, in pratica, che è molto difficile procedere in analisi di questa natura.

In genere gli studi di questo tipo tendono a ricercare benefici o rischi assoluti legati a questa o quella sostanza, ma non esistono quasi mai le misure nette, così come non esistono le sostanze miracolose, in grado da sole di guarire o preservare il nostro corpo dalle varie malattie che lo minacciano».

 

A cura di Luca Palestra