Dall’8 marzo sarà nelle farmacie italiane il cerotto anticoncezionale, un contraccettivo ormonale già utilizzato da milioni di donne in Europa e negli Stati Uniti. Da noi eguaglierà il successo ottenuto negli altri Paesi? Difficile a dirsi, ma un chiarimento può arrivare dai dati di una recente ricerca svolta da Astra-Demoskopea su un campione di 800 donne tra i 18 e i 49 anni. L’indagine ha sottolineato come il 68% delle intervistate conosca i farmaci somministrati tramite cerotto, come oggi in Italia solo il 20% delle donne non ricorra ai contraccettivi e come il 27% usi la pillola. Insomma in parole semplice si può dire che un buon numero di italiane potrebbe essere interessato al nuovo cerotto anticoncezionale.
Ma come funziona, quali vantaggi e quali svantaggi presenta?
“Il cerotto”, spiegano gli specialisti ginecologi dell’Istituto Clinico Humanitas, “funziona come la pillola. Fornisce cioè estrogeni e un progestinico (gli ormoni sessuali femminili) che vengono assorbiti dalla pelle ed entrano direttamente nel sangue, bloccando l’ovulazione e impedendo le gravidanze indesiderate”.
Detto questo, però, bisogna sottolineare che qualche differenza con la pillola c’è. Innanzitutto i vantaggi. Mentre la pillola va presa tutte le sere, il cerotto va cambiato una sola volta a settimana. In ogni confezione ci sono infatti 3 cerotti: il primo va messo il primo giorno delle mestruazioni (ad esempio il giovedì), dopo una settimana (sempre di giovedì) si toglie il primo e si mette il secondo, mentre dopo 2 settimane (ancora una volta di giovedì) si toglie il secondo e si mette il terzo. Dopodiché si fa una pausa di una settimana durante la quale compare il ciclo, e poi si ricomincia con una nuova confezione (neanche a dirlo sempre di giovedì nel nostro esempio).
Visto che gli ormoni non vengono presi per bocca, inoltre, non devono essere trasformati dal fegato e tutto ciò rende più “leggero” il contraccettivo per l’organismo. In più la protezione è garantita anche se si hanno episodi di vomito o di diarrea.
Grazie alla somministrazione tramite cerotto, infine, la concentrazione di ormoni è molto bassa e costante nel tempo (con la pillola si hanno invece dei picchi poco dopo l’assunzione). Questo significa che in genere non si tende ad aumentare di peso e che lo spotting (le perdite di sangue tra un ciclo e l’altro), dovuto agli sbalzi ormonali, dovrebbe essere meno frequente che con la pillola, dopo i primi 3 mesi.
E quali sono, invece, i “contro” del cerotto? Prima di tutto lo si può vedere (è un quadrato di 4.5 centimetri per lato). Questo però dalle prime indagini tra le utilizzatrici non sembra un grande problema (le ragazze non temono di far vedere che pensano alla contraccezione), anche perché il cerotto può essere applicato in zone “nascoste”, come le natiche, la spalla, la schiena; ricordarsi di non applicarlo sul seno.
L’altro timore è che si stacchi. Le ricerche eseguite in condizioni estreme (centri benessere, clima caldo umido etc.) hanno dimostrato che il rischio è inferiore al 2% anche se si fa la doccia, si va in palestra, si fa la sauna e si nuota. “Non si può però escludere completamente. Se il cerotto si dovesse staccare, comunque, basta indossarne uno nuovo entro 24 ore per essere protette da gravidanze indesiderate”.
Un’ulteriore precisazione riguarda le controindicazioni, ossia quando non si può usare il cerotto. Le “regole” sono le stesse della pillola: non va bene nelle donne con seri problemi al fegato o di coagulazione del sangue e per questo, come ogni contraccettivo ormonale, deve essere prescritto dal medico previo controllo di alcuni classici esami del sangue.
L’ultima domanda riguarda la scelta del contraccettivo: oggi sono infatti disponibili la pillola, il cerotto e l’anello vaginale, tutti a base di ormoni. Come orientarsi? “Bisogna ricordare che i contraccettivi ormonali oggi disponibili (cerotto, pillola e anello vaginale) offrono una sicurezza elevata e paragonabile se usati correttamente; la scelta di un metodo rispetto all’altro deve essere presa dalla donna in collaborazione con il ginecologo”.
A cura di Silvia Rosselli