Coiling versus clipping. Ossia trattamento endovascolare e trattamento chirurgico a confronto, dal punto di vista economico. E’ questo lo scopo della ricerca effettuata dal CERGAS, il Centro di Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza sanitaria e sociale dell’Università Bocconi, la prima di questo genere svolta in Italia, i cui risultati sono stati presentati nel corso del XX Congresso Nazionale di Neuroradiologia tenutosi a Milano lo scorso settembre. Ne parliamo con la dott.ssa Aleksandra Torbica, ricercatrice del CERGAS, e con il prof. Riccardo Rodriguez y Baena, responsabile dell’Unità Operativa di Neurochirurgia di Humanitas e il prof. Federico Zappoli Thyrion, neuroradiologo interventista di Humanitas.
L’aneurisma intracranico e i suoi trattamenti
“L’aneurisma intracranico o cerebrale – spiegano i nostri specialisti – è lo sfiancamento della parete di un’arteria cerebrale che ha la forma a sacco. Colpisce prevalentemente soggetti tra i 40 e i 60 anni ed è silente, ossia non presenta sintomi clinici evidenti fino all’emorragia cerebrale provocata dalla sua rottura, con serie conseguenza per la vita del paziente: circa un terzo muore o resta invalido allo stato vegetativo, un terzo ha un recupero parziale con disturbi neurologici non invalidanti e un terzo ha un recupero completo. In Italia sono circa tre milioni le persone che convivono con un aneurisma (tra il 5 e il 10% della popolazione), di cui due terzi donne. Per questi pazienti si è sempre posto il dubbio se intervenire chirurgicamente o meno, convivendo quindi con il rischio della rottura. Grazie a uno studio internazionale, ISUIA (International Study Unrupted Intracranial Aneurysm), è possibile quantificare il rischio di rottura di un aneurisma cerebrale e mettere così in risalto le situazioni in cui è necessario intervenire. Pare infatti che la rottura di un aneurisma non sia casuale, ma dipenda da fattori quali le dimensioni (se è più grande di un centimetro il rischio di rottura raddoppia) e la localizzazione (gli aneurismi più rischiosi sono quelli dell’arteria comunicante del cervello, più profondi e difficili da trattare).
Nella chirurgia dell’aneurisma cerebrale se la rottura è già avvenuta si interviene per evitare un secondo episodio, altrimenti si previene con due trattamenti: la microchirurgia (clipping) e l’embolizzazione endovascolare (coiling). L’intervento chirurgico viene effettuato con l’ausilio del microscopio operatorio, che permette al chirurgo di raggiungere l’aneurisma e di escluderlo dall’arteria con una clip permanente di titanio, così che non si possa più rompere. Un intervento di altissima precisione reso possibile dalle nuove metodiche diagnostiche, che offrono una rappresentazione accurata e precisa dell’aneurisma e del sistema vascolare circostante. Vengono utilizzate la TAC spirale, che ricostruisce l’immagine in tre dimensioni, e l’angiorisonanza magnetica, che raggiunge risultati paragonabili a quelli dell’angiografia senza però essere invasiva.
Con il trattamento endovascolare, invece, si arriva all’aneurisma tramite un catetere inserito nell’arteria femorale e guidato dal neuroradiologo, che si avvale dell’angiografia con mezzo di contrasto per rendere visibile il sistema vascolare circostante. L’aneurisma viene quindi riempito di spirali metalliche che determinano la formazione di un trombo. La scelta di questa tecnica viene fatta valutando le caratteristiche dell’aneurisma, lo stato di salute del paziente, l’età e la presenza di un neuroradiologo di provata competenza. Lo scopo è quello di ottenere i migliori risultati con il sistema meno invasivo possibile tra quelli a disposizione”.
La ricerca del CERGAS: obiettivi e campione
“L’obiettivo della ricerca – spiega la dottoressa Torbica – è stato identificare, valutare e misurare i costi sanitari diretti associati ai due diversi trattamenti dell’aneurisma intracranico, cioè quello endovascolare (coiling) e quello chirurgico (clipping). I pazienti sono stati selezionati in due strutture ospedaliere di Milano, il Policlinico e il San Raffaele, per un totale di 230 pazienti nell’arco di due anni. Questa ricerca rappresenta un primo studio pilota, a cui seguirà una ricerca più ampia, che coinvolgerà un maggior numero di centri e di pazienti.
I costi che abbiamo preso in considerazione sono quelli relativi alla prima prestazione ospedaliera per aneurisma e per ciascun trattamento si è calcolato il valore medio di consumo delle risorse dei due ospedali. Sono stati esclusi dall’analisi gli aneurismi multipli e quelli giganti, la cui dimensione superava i 25 millimetri. Aneurismi che per la loro tipologia sono soggetti a diverse complicazioni e che quindi potevano introdurre nell’analisi economica i cosiddetti confounding factors dal punto di vista economico, che avrebbero comportato una difficoltà nel confrontare i dati a causa di un maggior consumo di risorse. Si è cercato quindi di ottenere gruppi di pazienti relativamente omogenei per poter operare un confronto significativo e giungere a conclusioni sensate.
I dati raccolti relativi al campione riguardavano l’età, il sesso, il livello Hunt & Hess (scala internazionale che si utilizza per misurare la gravità di un aneurisma: va da 0 a 5), la dimensione dell’aneurisma (piccolo o grande), la sua localizzazione (anteriore e posteriore), la diagnosi all’ammissione e alla dimissione e le patologie concomitanti. Per quanto riguarda le risorse utilizzate, invece, i dati raccolti concernevano le giornate di degenza (in neurochirurgia e in terapia intensiva), la durata della procedura, lo staff coinvolto, gli esami strumentali effettuati durante il ricovero (Angiografia, Risonanza Magnetica, TAC, AngioRM), il materiale utilizzato durante la procedura e le diverse procedure effettuate durante il ricovero.
La valutazione dei costi è stata effettuata secondo la procedura microcosting. Questo approccio, considerato “gold standard” nelle valutazioni economiche, si articola in due fasi: nella prima si raccoglie la quantità delle risorse utilizzate come unità fisiche (giorni di degenza, durata della procedura in minuti, numero di persone dello staff coinvolte, numero di esami effettuati…); nella seconda fase si valutano le risorse, moltiplicando quindi i dati raccolti con i costi unitari, ottenuti dalla contabilità analitica dei due ospedali che hanno partecipato alla ricerca”.
Risultati e conclusioni
“La voce di costo che ha avuto l’impatto più rilevante sul risultato finale (costo totale) – prosegue la dottoressa Torbica – è la degenza, risultata di 11,17 giorni in neurochirurgia e 2,37 giorni in terapia intensiva per paziente con la procedura coiling (endovascolare) e di 19,04 giorni in neurochirurgia e 6,9 giorni in terapia intensiva con il trattamento clipping (chirurgico). Il differente risultato non è dovuto solo alla procedura prescelta, ma anche al fatto che nei due gruppi confrontati erano presenti pazienti con diversi livelli H&H, cioè di gravità dell’aneurisma, che necessitano di giorni di degenza diversi. Analizzando però i risultati per ogni livello di H&H, si osserva comunque una tendenza tra i pazienti trattati con la procedura coiling a una minore degenza.
Il trattamento chirurgico è quello che presenta i maggiori costi per quanto riguarda la degenza, in modo significativo, e il personale e la sala operatoria impiegati, mentre il trattamento coiling risulta più costoso per quanto concerne il materiale utilizzato e, in misura minore, gli esami effettuati.
Una delle motivazioni che ha spinto ad effettuare questa analisi dei costi è proprio il costo del materiale utilizzato nel trattamento endovascolare. In generale l’impatto immediato dell’introduzione di una nuova tecnologia è il suo prezzo d’acquisto; la valutazione economica ha l’obiettivo di identificare, misurare e valutare tutte le risorse che si utilizzano per la sua erogazione, non solo il suo prezzo di mercato. L’obiettivo di queste analisi è proprio quello di informare i decisori sul fatto che le loro scelte hanno un impatto economico che va oltre il lato finanziario (prezzo d’acquisto).
Il costo totale per paziente è risultato di 17.343,31 euro per la procedura coiling e di 25.372,40 euro per la procedura clipping. Questo risultato, pur non significativo dal punto di vista statistico, vista l’esiguità del campione considerato, indica tuttavia una tendenza a un minor consumo di risorse da parte della procedura endovascolare.
Tali risultati, che non permettono di trarre conclusioni robuste dal punto di vista statistico, portano alla necessità di allargare il campione, sia in termini di numero di pazienti che di centri ospedalieri. Inoltre, al fine di stimare il costo totale per paziente, sarà necessario considerare altri costi oltre a quelli ospedalieri e dovrà includere anche un periodo di follow up, comprendente ad esempio i controlli periodici e le eventuali recidive. Uno studio più ampio è in programma e avremo modo di presentarvi i risultati che ne deriveranno”.
“La ricerca – concludono i nostri specialisti – è di estrema importanza se si considera da un lato l’elevato costo della assistenza sanitaria nei paesi industrializzati, dove la ricerca tecnologica continua a produrre sempre nuove, più sofisticate e costose apparecchiature; e dall’altro l’elevato costo sociale delle malattie cerebrovascolari con alta incidenza di complicanze invalidanti. Un ospedale moderno è una complessa macchina organizzativa che assorbe risorse per erogare servizi e soltanto l’ottimizzazione nell’impiego delle risorse mediante un’attenta analisi del rapporto costo-beneficio permetterà di contenere i costi di una assistenza sanitaria che incide in maniera sempre più rilevante sul bilancio”.
A cura di Elena Villa
Nella foto, il prof. Riccardo Rodriguez y Baena