Prevenzione

Graziotti: lui e la prevenzione dopo i cinquant’anni

L’esplorazione della prostata fa paura e la paura della visita di controllo fa sì che spesso si scopra tardi di avere un tumore. I soggetti a rischio sono quasi esclusivamente gli ultracinquantenni : è tra questi che la prevenzione è necessaria di fronte ad una forma tumorale che, nel 25-30% dei casi, progredisce in modo assai rapido.
“Una paura, quella della visita, che non ha ragione di essere –sottolinea spiega il prof. Pierpaolo Graziotti , responsabile dell’Unità Operativa di Urologia di Humanitas –, infatti, a parte un comprensibile disagio, non è dolorosa”.

Ma quali sono gli strumenti che consentono una diagnosi precoce del cancro alla prostata?
“Il percorso diagnostico consolidato in caso di una sospetta neoplasia prostatica – spiega il professor Graziotti – consiste, per prima cosa, nella misurazione del livello ematico del Psa. Si tratta di un antigene prostatico specifico, un parametro che si misura tramite l’esame del sangue. Un livello elevato di Psa può far sospettare la presenza di un tumore. Per giungere ad una diagnosi, quindi, si procede con l’esplorazione rettale. Se, dopo questi primi esami, viene riscontrata una consistenza anomala della ghiandola o il PSA è elevato, per confermare la diagnosi si ricorre alla biopsia prostatica”.

In cosa consiste la biopsia prostatica?
“A volte è necessario esaminare direttamente il tessuto prostatico per raggiungere la certezza di una diagnosi. Ciò è possibile con la biopsia prostatica durante la quale vengono prelevati piccolissimi campioni con appositi aghi per poi esaminarli al microscopio. Lo scopo, naturalmente, è quello di stabilire la presenza o meno di cellule neoplastiche. La biopsia prostatica è una metodica diagnostica invasiva, pertanto va attuata qualora ve ne siano le indicazioni. Tuttavia il prelievo del materiale necessario avviene in modo quasi indolore, per nulla menomante e con basso rischio di complicanze. La biopsia prostatica viene usualmente eseguita per via transrettale, previa anestesia locale del retto ottenuta con un gel anestetico. La procedura è praticata ambulatorialmente. In ogni caso è l’esame standard riconosciuto a livello internazionale”.

Esistono modi meno invasivi per diagnosticare un tumore alla prostata?
“Per effettuare l’esame del Psa è sufficiente un comunissimo prelievo del sangue, inoltre l’esame ha una sensibilità dell’80%. Gli esami successivi sono importanti per avere la certezza della diagnosi”.

Recentemente i giornali hanno parlato del TRIMprob, una sonda in grado di diagnosticare differenti forme tumorali, in particolare alla prostata.
“Si tratta di uno strumento in fase sperimentale maneggevole ed economico, in grado di “vedere” attraverso vestiti e pelle. Passandolo in prossimità all’organo da esaminare in 15 minuti sarebbe in grado di dare una diagnosi. Anzi, i primi dati messi a disposizione dagli inventori della “sonda antitumore” riportano una predittività diagnostica negativa dello strumento nei confronti del tumore alla prostata del 99 per cento: mentre quella positiva sarebbe dell’88 per cento. In parole più semplici: se la sonda afferma che il tumore non c’è, nel 99% dei casi le verifiche indicherebbero che non c’è davvero; se la sonda dice invece che il tumore c’è, nell’88 per cento dei casi le altre indagini lo confermerebbero”.

Ma la Food and Drug Administration americana non sembra abbia ancora potuto testare la reale efficacia diagnostica di TRIMprob.
“Si tratta di percentuali di sensibilità e specificità fuori dal comune, superiori a qualsiasi altro strumento di diagnostica per immagini, inoltre il numero di casi sin qui studiati, circa 2000 e solo in Italia, non penso sia sufficiente per presentare il TRIMprob alla gente già come un eccellente strumento di prevenzione e un’arma decisiva contro il cancro”.

L’efficacia diagnostica della sonda non è mai stata vagliata dalla comunità scientifica internazionale.
“La scienza sta diventando sempre più una questione pubblica. Scienziati, ricercatori, medici si rivolgono prima ai media per rendere pubbliche le loro scoperte, invece di comunicarle prima di tutto ai colleghi che hanno il compito di verificare e discutere la valenza scientifica delle loro affermazioni. Nel caso di questo strumento ancora non è stato eseguito uno studio su vasta scala e in più centri sulla sua efficacia. Ad oggi, sull’argomento non c’è traccia di pubblicazioni su riviste mediche importanti”.

Che cosa si attende quindi dal TRIMprob?
“Con un po’ di sano orgoglio nazionale auguro a questa nuova tecnologia, tutta italiana, di confermare l’affidabilità in termini di sensibilità e specificità dichiarata dagli sperimentatori. Resto comunque dell’avviso che la prudenza nel magnificarne i risultati, non sia mai eccessiva soprattutto per evitare di ingenerare false aspettative ai pazienti”.

A cura di Marco Renato Menga