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Serie A, troppi infortuni. Ecco il perché

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Gioco “duro”, atleti dalla struttura fisica più pesante che in passato, partite ravvicinate hanno fatto aumentare gli infortuni tra i calciatori professionisti.

L’incidenza traumatica dei calciatori professionisti da diversi anni è in aumento e sia gli esperti sia molti lavori presenti in letteratura sottolineano che le cause sono multifattoriali. Il dott. Piero Volpi, consulente Medico dell’AIC (Associazione italiana calciatori) e responsabile dell’Unità di Chirurgia del Ginocchio e di Traumatologia dello Sport presso Humanitas, analizza i fattori di rischio.

Dott. Volpi, il gioco “duro” influisce sulla frequenza degli infortuni?
“Tra i fattori di rischio primari non c’è dubbio che gli aspetti tecnici e tattici abbiano decisamente influito negli ultimi dieci vent’anni incrementando gli infortuni attraverso modifiche nell’intensità e velocità di gioco nelle gare e negli allenamenti. Come pure le tattiche di gioco, ad esempio pressing, fuorigioco, squadre corte, hanno contribuito allo stesso modo”.

Ci sono differenze rispetto al calcio professionistico del passato?
“Le caratteristiche fisiche dei giocatori sono determinanti. In una recente ricerca che abbiamo effettuato analizzando i dati antropometrici di 397 calciatori di serie A italiana della stagione 2007-2008 confrontati con 273 calciatori della stessa serie A italiana della stagione 1977-1978 è emerso che i calciatori di oggi sono più pesanti e più alti di 3-4 cm e di 3-4 Kg rispetto ai loro colleghi di trent’anni fa. Cioè si tratta di atleti ben allenati, ma strutturalmente e fisicamente più prestanti che quindi erogano potenze maggiori durante l’attività fisico sportiva. Questo dato si correla con le numerose osservazioni presenti in letteratura che dimostrano una maggior forza muscolare degli arti inferiori degli attuali calciatori professionisti”.

Quanto conta lo staff che lavora con questi atleti?
“Nel settore professionistico il cambio a inizio stagione dello staff tecnico (allenatori e preparatori atletici) quasi sempre comporta un incremento del numero degli infortuni dei giocatori della rosa, per cambi e modifiche delle metodologie dell’allenamento in quantità, specificità e qualità. Quindi quando i dirigenti di una squadra professionistica decidono di cambiare guida tecnica devono sapere che il rischio di maggiori infortuni è statisticamente significativo. Va peraltro sottolineato che troppe squadre non effettuano all’inizio di stagione una preparazione pre-campionato ideale per affrontare una stagione agonistica impegnativa e dispendiosa.

Troppe partite e troppo ravvicinate?
“Lo stress maggiore è rappresentato dall’elevato numero di impegni agonistici, cui i giocatori professionisti sono sottoposti. Occorre suddividere 7/8 squadre (circa 180/200 giocatori) che partecipano alle competizioni nazionali (campionato e coppa Italia), alle Coppe europee e contribuiscono fornendo giocatori per le partite delle rappresentative nazionali, dal resto delle squadre che non hanno impegni ogni tre giorni, ma possono allenarsi per una settimana intera. Il rapporto allenamenti/gara rappresenta l’indicatore più affidabile circa la previsione di possibili infortuni: più questo indice si abbassa maggiore è il rischio di infortunarsi. Non bisogna poi dimenticarsi delle trasferte settimanali, della fatica dei viaggi, dei rientri a notte inoltrata con l’impossibilità di alimentarsi correttamente”.

Le rose sempre più nutrite non sono un vantaggio?
“Sulla carta sì, ma non sempre è così. Il numero sempre più elevato di giocatori in rosa per squadra (25/28 nella media) da un lato dovrebbe garantire un appropriato turnover che dovrebbe consentire il recupero di giocatori affaticati e infortunati, ma di fatto i valori tecnici dei calciatori obbligano di frequente l’allenatore a scegliere sempre gli stessi atleti. Inoltre la competitività elevata che si instaura nel gruppo della rosa porta a far sì che anche in allenamento la disputa quotidiana fra compagni per essere scelti per un posto in campo o in panchina diventi spesso frenetica alzando il livello agonistico interno”.

Quali altri fattori aumentano i rischi?
“I terreni e le calzature hanno anche loro grande importanza là dove non vi sia cura nella manutenzione degli impianti da gioco e nella scelta di calzature, dei tacchetti in particolare, che tendono a privilegiare intensamente l’aderenza al terreno con rischi maggiori per il ginocchio.
Anche l’età dei calciatori diventa un fattore non certo trascurabile, infatti è noto che il recupero fra gara e gara e dopo un infortunio risulta più rapido in atleti più giovani. Questo dato sta a significare che chi ha una rosa di giocatori con una media d’età inferiore (25/27 anni) può avere vantaggi concreti durante la stagione nel recupero di calciatori rispetto a chi ha rose con media vicino o superiore ai 30 anni”.

Quali sono i suoi consigli?
“Con tutti questi possibili rischi, non facilmente ritoccabili, lo stile di vita del singolo calciatore diventa determinante perché può rappresentare innanzitutto un elemento modificabile e quindi sensibile a interventi preventivi. Il fumo per esempio costituisce un elemento di tossicità assoluto. L’alcool (birra, vino e superalcolici) anche se assunto saltuariamente e con parsimonia può agire in senso sfavorevole alla miglior performance. Questa analisi deve far riflettere tutti: giocatori, tecnici, preparatori, medici, dirigenti per sviluppare sistemi di prevenzione efficaci a contenere i rischi traumatici di uno sport che tutti noi seguiamo e amiamo e per garantire una sempre migliore tutela della salute dei nostri calciatori”.

A cura della Redazione