Qualcuno superficialmente potrebbe derubricarle a inestetismi, ma le vene varicose, ossia le dilatazioni delle vene, sono la manifestazione clinica più evidente dell’insufficienza venosa degli arti inferiori. Più comuni nelle donne, non oggetto di un vera e propria profilassi, per evitarle è importante giocare di prevenzione, quindi agire sulle abitudini comportamentali e sui controlli da parte dello specialista. E proprio con uno specialista ne abbiamo parlato, il dottor Marcello Ghezzi angiologo all’Ambulatorio di Chirurgia Vascolare di Humanitas Medical Care Arese.
Patologia e vittime
«Le vene varicose sono la manifestazione più eclatante della cosiddetta malattia venosa cronica, una sindrome che affligge il 35-40% della popolazione nei Paesi economicamente più sviluppati -chiarisce Ghezzi. Le donne sono più soggette a soffrire di questa patologia rispetto alla popolazione maschile, tanto che il 40% delle donne, a partire dai cinquant’anni, soffre di una forma di malattia venosa cronica». Le varici possono dare una serie di disturbi, più o meno intensi, come prurito, arrossamento cutaneo, senso di pesantezza agli arti inferiori. Talvolta compaiono alterazioni della cute più importanti, come macchie scure, dermatiti, eczema e ulcere.
I fattori di rischio
Sono due i tipi di fattori di rischio che portano ad avere le vene varicose, quelli legati alle caratteristiche del paziente e quelli relativi alla malattia conclamata”. Fra i primi vanno annoverati l’appartenenza al sesso femminile (per cui giocano un ruolo importante gravidanze e ciclo ormonale), la presenza in famiglia di casi di varicosi, la sedentarietà, la scorretta alimentazione, il fumo e l’età, perché questi disturbi aumentano con il procedere degli anni. «I fattori di rischio legati alla malattia vera e propria –spiega Ghezzi– sono rappresentati dalla “non cura della malattia venosa nel tempo, che porta ad avere complicazioni come l’estensione delle varici; la possibilità che si verifichino fenomeni di stasi (rallentamento del sangue all’interno della vena varicosa) e quindi la comparsa di alterazioni cutanee e trombosi di tipo superficiale, o ancora più gravi, come gli eventi trombotici che riguardano il sistema venoso profondo».
A chi rivolgersi e come intervenire
Le vene varicose sono una patologia di competenza dell’ambulatorio Flebologico, in cui è presente uno specialista di chirurgia vascolare che si occupa prevalentemente di malattia venosa. Gli esami permettono di determinare il tipo di reflusso, il calibro delle varici, e consentono di fornire subito al paziente, oltre alla diagnosi, anche un’indicazione terapeutica. Quanto alla prevenzione, questa si basa innanzitutto sull’eliminazione dei fattori di rischio, quindi sulla correzione dello stile di vita. Occorre abituarsi a portare le calze elastiche di compressione terapeutica, malviste perché ritenute antiestetiche, ma oggi divenute, grazie a una maggiore offerta, più gradevoli e comode. Sulla base dell’esperienza dell’ambulatorio Flebologico è oggi possibile dare indicazioni per l’abolizione delle vene varicose, a partire dai capillari e fino alle varici di più grandi dimensioni. Esiste in primis il trattamento ambulatoriale con scleromousse, ben tollerato, senza anestesia e applicabile anche alle varici più voluminose. «Per i casi più estesi si ricorre ai trattamenti chirurgici endovascolari, che possono contare sulle nuove pratiche messe a disposizione dalla tecnologia –conclude Ghezzi. Le procedure endovascolari si conducono in anestesia locale, hanno risultati paragonabili alla chirurgia tradizionale, tuttavia con minori complicanze ed effetti collaterali, meno incidenza di infezioni, ematomi, parestesie legate alla presenza di cicatrici chirurgiche».