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Benessere

Psicopatologia del corpo femminile: come cambiano le forme ideali della donna nel tempo

Una donna, tante rappresentazioni. Nulla come il corpo femminile è stato interpretato, rappresentato e simbolizzato nel corso delle epoche storiche, generando dei modelli che via via sono diventati popolari per poi passare di moda. La società chiede alle donne di apparire in un certo modo, delineando una sorta di corpo “ideale” il cui paradigma è in continuo cambiamento e scrivendo una storia complessa che passa attraverso l’arte e la moda ma anche attraverso la malattia mentale e la sofferenza psicologica. Ne parliamo con la dottoressa Agnese Rossi, psicoterapeuta di Humanitas Gavazzeni.

 

Le curve della Venere di Willendorf

Migliaia di anni fa, sculture e opere d’arte rappresentavano sagome sinuose e curvilinee. Alcune delle prime rappresentazioni conosciute del corpo di una donna sono le “figurine di Venere”, piccole statue che ritraggono corpi di donne rotonde, a forma di pera, molte delle quali con seni grandi. Fra queste la più famosa è certamente la “Venere di Willendorf”, trovata nel 1908 a Willendorf, in Austria. Gli artisti hanno continuato a ritrarre la donna “ideale” come formosa e voluttuosa fino ai secoli XVII e XVIII.

 

Le “Gibson Girl” di fine Ottocento: via libera ai corpi sottili

Nel 1890 l’artista americano Charles Dana Gibson disegnò immagini di donne alte, snelle e sensuali. Il nuovo ideale femminile divenne quindi quello delle “Gibson Girl”. Anche nell’arte la rappresentazione dei corpi femminili era in continua evoluzione, come si vede nei dipinti ad olio dell’artista francese Henri Matisse, che mostra corpi flessuosi e fluenti e nei dipinti dell’artista spagnolo Pablo Picasso, che mostra corpi grassocci e contorti. Rimane in qualche modo poco chiaro che cosa abbia innescato questo cambiamento, ma l’interesse per i corpi sottili è proseguito fino ad arrivare anche nei giorni nostri.

 

Nuovi ideali e disturbi del comportamento alimentare

Secondo alcune ricerche, da quando i corpi femminili sottili hanno iniziato a comparire sulle riviste a metà degli anni Venti, le giovani donne hanno iniziato a soffrire in misura maggiore dei disturbi del comportamento alimentare. Allo stesso tempo, da metà degli anni Sessanta, le organizzazioni femministe segnalarono la pericolosità di questi nuovi modelli, avviando una vera e propria battaglia per liberare il corpo femminile dagli stereotipi. Nel 1960 la Food and Drug Administration statunitense approvò la pillola anticoncezionale. Nel 1963, l’attivista per i diritti delle donne Betty Friedan pubblicò il suo libro “The Feminine Mystique”. Nel 1966 fu fondata la National Organization for Women negli Stati Uniti.

I disturbi del comportamento alimentare sono davvero aumentati per via dell’influenza mediatica? “I disturbi del comportamento alimentare sono patologie molto complesse in cui interagiscono fattori psicologici, fisiologici, sociali, ambientali – ha spiegato la specialista -. Certo i mezzi di informazione possono favorire l’interiorizzazione di questi canoni estetici rendendo conflittuale il rapporto con il proprio copro e cercando così di modificarlo il più possibile, innescando uno stile alimentare scorretto e pratiche inadeguate per il controllo del peso corporeo. Il cibo può allora diventare non un momento piacevole di condivisione e di incontro, ma un nemico da combattere e sfidare ogni giorno, a volte con regole rigide e sforzi sovrumani che possono dare origini a veri disturbi del comportamento alimentare”.

 

Gli anni Ottanta e il mito del corpo atletico

Sebbene le immagini di donne magre continuassero a diffondersi, negli anni Ottanta si accentuò l’enfasi su tipi di corpo atletici e tonici. Un simbolo per tutti? La top model Naomi Campbell.

 

Instagram, la peggiore app social media per la salute mentale dei giovani?

Instagram sarebbe in grado di rovinare la salute mentale degli adolescenti. Questo è ciò che viene sostenuto da alcuni studi recenti secondo cui, quando i ragazzi entrano nell’adolescenza e sviluppano la proprio identità cercando di capire cosa è socialmente accettabile e cosa no, è particolarmente negativo il fatto che vengano esposti continuamente ad immagini di corpo idealizzati, ritratti in mezzo a scenari accattivanti e ben poco realistici.

Un sondaggio Common Sense Media ha infine rilevato che oltre un quarto dei ragazzi attivi online sottolineano il loro aspetto nelle foto pubblicate, dando molta importanza all’immagine nella dinamica comunicativa.

 

“Il contesto socioculturale in cui viviamo influenza notevolmente il modo di percepire il nostro corpo e di rispondere più o meno consapevolmente agli stimoli provenienti dai mass media – ha spiegato la dottoressa Rossi -. Per gli adolescenti soprattutto, i media sono un punto di riferimento importante in cui si rispecchiano e cercano di trovare conferme relative ai canoni estetici dominanti, proprio nella fase della vita in cui il corpo si sta notevolmente modificando, con cambiamenti non sempre facili da accettare, e stanno costruendo la propria identità”. Ma i social come Instagram possono davvero essere pericolosi per gli adolescenti? “Il problema è che i modelli relativi a corpi estremamente magri e filiformi, sono così idealizzati, e quindi irraggiungibili per la maggior parte delle persone, che creano un confine labile tra realtà e immaginazione, come se bastasse solo un po’ di forza di volontà per raggiungere questi ideali di magrezza – ha aggiunto la psicoterapeuta -. Il rischio per gli adolescenti (negli ultimi anni anche per giovani in età più avanzata) è di ridurre la capacità di una lettura realistica di questi stereotipici estetici e ricercare in ogni modo di omologarsi ad essi, percependo un’immagine corporea negativa, cioè un rapporto problematico con il proprio corpo, vissuto con disagio e vergogna, da nascondere se non rientra in questi modelli e quindi con seri problemi relazionali. Queste immagini che i mass media propongono (o meglio impongono in modo spietato), si collegano immediatamente alla bellezza, al successo, all’accettazione da parte degli altri e possono diventare un grosso ostacolo nella costruzione di una sana percezione e accettazione della propria immagine corporea”.

 

 

Come si incentiva una visione equilibrata?

“E’ fondamentale incentivare una lettura più critica e obiettiva di questi messaggi insistenti e martellanti dei media, per raggiungere un livello di consapevolezza che permetta ad ognuno, agli adolescenti in particolare, di costruirsi un proprio modo di dare significato al proprio corpo, alle sue forme e al suo peso, rispettandone l’unicità e l’originalità – ha detto Rossi – A partire dai bambini, è importante trasmettere ai nostri ragazzi un modo meno giudicante di rapportarsi al propri corpo, per imparare ad appropriarsi della propria corporeità intesa nella sua totalità, anche se non coincide con modelli di perfezione poco umani e che variano in base alle mode del momento.

Questo ci permetterebbe di star bene nella nostra pelle, come stiamo bene nella nostra casa che sentiamo appunto nostra perché non regolata solo da norme stereotipate e imposte dall’esterno”.