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Sigarette e pubblicità, un connubio difficile da contrastare

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Per oltre mezzo secolo, l’industria del tabacco ha influenzato il grande pubblico attraverso la pubblicità, diretta e indiretta. La giornata mondiale senza tabacco del 31 maggio, tentativo di invertire questa tendenza, è un’ottima occasione per parlarne

 

Di certo, solo i cinefili e i più anziani ricorderanno il primo periodo del film sonoro, cui spesso ci si riferisce come età dell’oro del cinema: Clark Gable, Humphrey Bogart, Greta Garbo, Ingrid Bergman, Vivien Leigh. Eppure, l’immagine dell’uomo in impermeabile, faccia da “duro” e sigaretta che pende perennemente dalle labbra, l’hanno quasi tutti in mente. Un’immagine che, per lungo tempo, è rimasta indelebile nella memoria collettiva e che solo da pochi anni si è cominciato a cancellare. Ne abbiamo parlato con Licia Siracusano, oncologa e responsabile del Centro antifumo di Humanitas Cancer Center, e con Margherita Autuori, psicologa.

Dottoressa Autuori, che cosa pensa della pubblicità diretta e indiretta delle sigarette?

«Il consumo di sigarette è stato promosso per molti anni, attraverso i mezzi più differenti: cinema, sponsorizzazioni di eventi televisivi e persino di manifestazioni sportive. Un mercato pubblicitario estremamente redditizio, cui l’Unione Europea ha posto un freno solo nel 2005, vietando la pubblicità e la sponsorizzazione diretta, della quale un esempio su tutti era quello delle gare di Formula Uno: fino alla messa al bando nel 2006, i marchi delle multinazionali del tabacco rappresentavano il 25% delle entrate delle case costruttrici. Europa a parte, tuttavia, la situazione è ancora piuttosto allarmante, se è vero ciò che viene riportato nel rapporto epidemiologico sul tabacco, stilato dall’OMS nel 2011: solo il 6% della popolazione mondiale è risultata pienamente protetta dall’esposizione alle strategie pubblicitarie, di promozione e sponsorizzazione realizzate dalle industrie del tabacco nel 2010. Inoltre, ancora più pericolosa della pubblicità diretta è quella cosiddetta indiretta, che riguarda la promozione del gesto di fumare associato a “modelli” di successo come attori, personalità del mondo dello spettacolo e del jet set, che spesso in passato venivano pagati dalle stesse multinazionali del tabacco per farsi vedere con la sigaretta in bocca sul grande schermo o agli eventi di grande visibilità».

Dottoressa Siracusano, in che modo queste tecniche di promozione continuano a influenzare chi continua e, perfino, chi comincia oggi a fumare?

«Mezzo secolo di “bombardamento” mediatico ha portato la sigaretta a divenire un oggetto associato a modelli sociali e culturali la cui valenza è difficile da contrastare, nonostante l’attuale conoscenza sui danni da fumo. Tali significati rimandano a un ideale di forza, che si declina per gli uomini come simbolo di virilità e mascolinità, mentre per la donna l’avere in bocca o fra le dita una sigaretta evoca tuttora un gesto legato alla propria emancipazione, all’acquisizione di indipendenza e autonomia. La gestualità, e una serie di riti legati alla sigaretta e all’atto di fumare, diventano parte della propria identità e garantiscono di accostarvi tali caratteristiche. Nonostante il biologo Raymond Pearl avesse dimostrato gli effetti negativi del fumo di tabacco sulla salute già nel 1938, l’inversione di tendenza “culturale” si è verificata solo da pochi anni e non è ancora pienamente compiuta, e ci vorrà parecchio tempo prima che cancelli, nell’immaginario collettivo, i danni creati nel corso del ventesimo secolo».

 

In occasione della Giornata mondiale senza tabacco saranno presenti per tutto il giorno, presso l’edificio principale di Humanitas, i ragazzi dell’Associazione ExSmokers, patrocinata dall’Unione Europea.