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Oncologia: cosa dire ad un paziente malato di tumore

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Come e cosa dire a un paziente oncologico, in base all’esperienza e alla valutazione degli specialisti di Humanitas Cancer Center.

malato di tumore In che misura e come dire la verità a un paziente malato di tumore? E come comportarsi con chi gli sta vicino? La comunicazione tra oncologo e malato non ha regole rigide, ma segue principi di correttezza e di buon senso. “Salvo situazioni particolari, da valutare volta per volta, tendiamo a dare un’informazione completa – spiega la dottoressa Lorenza Rimassa, viceresponsabile dell’Unità Operativa di Oncologia Medica dell’Humanitas Cancer Center -. Nei casi più sfavorevoli, cerchiamo comunque di dare una speranza se non di guarigione, almeno di un prolungamento del decorso della malattia. Se poi un paziente fa domande molto precise sulla propria condizione, in particolare se si tratta di una persona che ha responsabilità verso altri, penso sia giusto dare tutte le informazioni utili per poter programmare il tempo che rimane da vivere e organizzare la cose al meglio per chi resta”.

La comunicazione tra il medico, il malato oncologico e i familiari

Cosa dire ai pazienti malati di tumore

Un approccio che, assicurano gli specialisti, ha diversi risvolti positivi. “Una comunicazione quanto più fedele alla realtà – continua la dott.ssa Rimassa – consente al paziente di avere un rapporto più aperto con il medico e di affrontare meglio quanto sta vivendo. Se non ti viene rivelato niente, diventa più difficile accettare una chemioterapia o un intervento chirurgico, perché sei portato a pensare: ‘Se sto bene, perché mi fanno questo?'”. E la comunicazione con i parenti? “Da un punto di vista legale, il medico può parlare solo con il paziente. Quindi noi chiediamo ai nostri pazienti se vogliono indicarci un familiare di riferimento: se questo avviene, forniamo tutte le informazioni, altrimenti manteniamo il riserbo”. Non ci sono invece grandi differenze nelle reazioni alle notizie negative e alle cure da parte di uomini e donne, come sottolinea ancora la dott.ssa Rimassa: “In generale, si affronta la malattia con molta più consapevolezza rispetto al passato, quando spesso perfino nominarla era un tabù e non a caso si usavano espressioni come ‘brutto male’. Oggi invece è normale trovare malati che chiedano se il tumore è maligno e al contrario è molto raro trovare pazienti che non vogliono conoscere la diagnosi. La maggior parte vuole sapere cos’ha e a che cosa va incontro”.

Cosa dire ai bambini o adolescenti malati di tumore

Come ci si comporta se i pazienti sono bambini o adolescenti? “Il coinvolgimento della famiglia è ovviamente fondamentale – aggiunge la specialista -. I bambini capiscono solo di essere malati, mentre gli adolescenti vengono informati come gli adulti, anche perché di solito reagiscono molto bene e affrontano con coraggio le terapie”. Quando il paziente convive con la malattia per molti anni, diventa inoltre molto importante il sostegno psicologico: “È necessario fin dalla diagnosi e successivamente durante il percorso di cura nei momenti più critici, quando per esempio capita di dover comunicare un peggioramento della malattia o la necessità di riprendere delle terapie che erano state interrotte. E nell’assistenza domiciliare lo psicologo può essere utile anche per la famiglia del paziente. Nonostante tali sforzi, ci sono malati che si sentono comunque soli, o perché oggettivamente lo sono o perché si chiudono in se stessi. In questi casi – conclude la dott.ssa Rimassa – per aiutarli è bene affiancare al supporto degli psicologi quello dei volontari, che con la loro carica umana svolgono un ruolo importantissimo”.

A cura della Redazione