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Lavoro: crisi e stress? Se la salute è a rischio

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I consigli per evitare che la tensione in periodi di difficoltà diventi un ostacolo allo svolgimento dei propri compiti.

Lo stress al lavoro è sempre in agguato, ma in periodo di crisi economica le cose possono peggiorare, arrivando a compromettere l’equilibrio indispensabile per portare a termine i propri compiti. Per non soccombere alla tensione, è bene conoscere e seguire alcune regole e se queste non sono sufficienti è utile rivolgersi a un aiuto specialistico. La dott.ssa Emanuela Mencaglia, psicologa di Humanitas, spiega sintomi e rimedi.

Dott.ssa Mencaglia, come si riflette il clima di crisi economica su chi lavora?
“I dipendenti temono i tagli di personale, anche perché chi perde il lavoro in questo periodo fatica molto a trovarne un altro. Chi invece resta in azienda viene sovraccaricato e non se la sente di dire di no, perché ha paura di rimanere senza impiego. Lavorare al di sopra dei propri ritmi ovviamente non aiuta a gestire lo stress nel modo giusto, anzi lo peggiora. Ci impedisce di trovare i necessari momenti di relax e di affrontare le difficoltà con le dovute lucidità e leggerezza”.

Quali gli accorgimenti e i rischi?
“Occorre fare attenzione a non andare in overwork, cercare di mantenere i propri standard e non esagerare. Altrimenti il rischio è di soccombere allo stress. La precarietà cambia l’ambiente di lavoro e spaventa tutti, ma è necessario riflettere bene sul cambiamento, adeguarsi al nuovo contesto, senza rassegnarsi. Serve un cambio di mentalità”.

Come cambia il carico di stress a seconda del tipo di lavoro?
“Lo stress varia certamente a seconda del carico di responsabilità, chi ha compiti decisionali sente anche il peso di avere influenza sugli altri. Ma quando il clima al lavoro cambia, tutti ne risentono. I manager 40-50enni ad esempio sono una categoria molto colpita dal cambiamento, fanno fatica ad accettarlo e a reinventarsi per trovare una via d’uscita. Il punto di partenza tuttavia deve essere il ridimensionamento delle idee, una maggiore apertura mentale senza la quale si rischia di rimanere tagliati fuori dal contesto”.

Difficile pensare positivo in certe situazioni.
“Senza dubbio. Ma se ci si ferma ad aspettare che la situazione torni favorevole, l’attesa può essere lunga… Rimettersi in discussione è un fatto positivo, perché permette di recuperare potenzialità che avevamo dimenticato, rimaste in stand by, come inventiva e creatività. Dopo un primo senso di frustrazione per quello che è vissuto come un fallimento, occorre riflettere sul fatto che la perdita di un posto fisso non significa che le nostre capacità non sono riconosciute. La precarietà può diventare anche uno stimolo per non restare immobili, per rialzarsi, coltivare contatti utili, aggiornarsi. In una parola: rinnovarsi”.

Quali sono i campanelli d’allarme dello stress da lavoro?
“I sintomi vanno dalla difficoltà a concentrarsi e a prendere decisioni, al sentirsi nervosi e irritabili, fino a perdere il controllo. Devono destare sospetto anche il mal di testa, la tensione muscolare, la perdita di energia e l’aumento del ricorso a fumo, alcol, cibo o droghe. Come pure stati di depressione e ansia, perdita di memoria, aumento o perdita di peso”.

Nei casi più gravi c’è bisogno di uno specialista. Ma prima di arrivare a questo?
“Consiglio di fare attività rilassanti, come yoga e meditazione, fare sport e parlare con amici e familiari dei propri problemi. In generale la prima cosa da fare è prendersi cura di sé: mangiare bene, dormire a sufficienza, muoversi di più, leggersi un libro, ascoltare musica e concedersi i necessari momenti di pausa e periodi di vacanza. Soprattutto è bene imparare a dire qualche ‘no’ e a evitare che il lavoro invada la sfera personale”.