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Con Aura o Senza Aura: i diversi modi di dire “mal di testa”

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“Con il termine cefalea – spiega la dottoressa Paola Merlo – si intende un dolore a localizzazione prevalentemente ma non esclusivamente neurocranica. Le cefalee si caratterizzano per la eterogeneità e la molteplicità dei possibili fattori etiologici (che ne costituiscono cioè la causa) e per la necessità di una preliminare distinzione tra cefalea “sintomo” e cefalea “malattia”, ovvero tra forme primarie e secondarie.
A livello internazionale, il riferimento o standard diagnostico unanimemente accettato è attualmente rappresentato dalla Classificazione ICHD II (International Classification of Headache Disorders dell’International Headache Society 2003/4). Questa classificazione è basata principalmente sulle caratteristiche clinico-anamnestiche delle cefalee e dei dolori cranio-facciali allo scopo di fornire, sia al medico di base sia ai ricercatori e agli specialisti del campo, criteri rigorosi di definizione dei vari quadri clinici”.

Un’anamnesi accurata
“E’ indispensabile – sottolinea la dottoressa Merlo – il riconoscimento immediato dei quadri tipici (le principali forme di cefalea primaria e i più comuni quadri “sindromici” di cefalea secondaria), mentre sono necessari ulteriori accertamenti e osservazioni nell’ambito di un percorso diagnostico più complesso al fine di verificare ulteriori ipotesi di diagnosi (forme atipiche, complicate, aggravate, trasformate…).
Un’accurata anamnesi, che deve essere orientata a identificare con precisione l’andamento temporale della cefalea, la presenza di eventuali deficit neurologici di accompagnamento, l’unilateralità o meno del dolore, l’intervento di meccanismi di scatenamento peculiari (ad esempio la cefalea “da tosse”), e un esame obiettivo ben fatto possono essere, nella maggior parte dei casi, sufficienti a dirimere i dubbi circa la presenza di lesioni di natura organica. Altre volte, invece, la diagnosi passa attraverso indagini strumentali anche sofisticate, in grado di individuare le cause e, di conseguenza, indicare provvedimenti terapeutici mirati”.

Emicrania: definizione
“L’emicrania – spiega la dottoressa Merlo – è una cefalea cosiddetta primaria ed è considerata un “disordine neurologico episodico spesso familiare caratterizzato da attacchi ricorrenti di cefalea, ampiamente variabili in termini di frequenza, durata ed intensità”.
Il dolore, di solito unilaterale, a carattere pulsante, può associarsi a disturbi visivi, sensitivi, motori, vegetativi, dell’umore e/o del comportamento. In base alla Classificazione IHS, le cefalee emicraniche vengono suddivise in due principali categorie, l’emicrania senza aura e l’emicrania con aura. L’emicrania colpisce il 17% delle donne e il 5% degli uomini. La preponderanza nel sesso femminile è stata attribuita a una possibile influenza ormonale. La prevalenza dell’emicrania senza aura è pari al 10-15%, mentre quella dell’emicrania con aura è dell’8%. Il tasso di prevalenza tende tuttavia a decrescere dopo i 50 anni di età, soprattutto in rapporto alla diminuzione percentuale delle forme primarie”.

Emicrania Senza Aura
“L’emicrania senza aura – continua la dottoressa Merlo – è una cefalea idiopatica (senza danno d’organo) che si manifesta con attacchi ricorrenti della durata di 4-72 ore. Caratteristiche distintive sono rappresentate dalla comparsa di dolore pulsante, a localizzazione unilaterale, di intensità moderata o severa, associato a nausea, vomito, fotofobia e fonofobia (rispettivamente intolleranza alla luce e al rumore) e da un peggioramento della sintomatologia durante l’attività fisica.
Possono associarsi, durante una crisi emicranica, altri sintomi quali pallore, sensazione di freddo a volte con brividi, riduzione della minzione, (seguita da poliuria alla risoluzione dell’attacco, cioè aumento della minzione), anoressia, disturbi della sfera psichica (irritabilità, depressione o, più raramente, euforia).
Gli attacchi insorgono più frequentemente durante un periodo di stress, durante il relax dei giorni festivi (emicrania del week-end) o che segue una prova impegnativa. Nella donna la cefalea è spesso correlata col flusso mestruale (emicrania catameniale) e regredisce durante la gravidanza.

Emicrania Con Aura
“Questo tipo di emicrania – prosegue la dottoressa Merlo – in passato definita come emicrania classica, emicrania oftalmica, emicrania accompagnata, emicrania complicata, è un disturbo idiopatico, ricorrente, caratterizzato dalla presenza di sintomi neurologici focali (emiparesi, emiparestesie, afasia, etc.) della durata di 5-20 minuti (mai più di 60 minuti). In questo caso, quindi, vi è la cosiddetta aura, cioè il preavviso della crisi di emicrania.
La cefalea, la nausea e/o la fotofobia di solito seguono i sintomi neurologici caratteristici dell’aura, immediatamente o dopo un breve intervallo libero inferiore a un’ora. Talvolta l’aura può manifestarsi a fase dolorosa già avanzata. La cefalea di solito dura 4-72 ore, ma può anche essere del tutto assente.
I pazienti che soffrono di emicrania con aura sono mediamente meno giovani rispetto a quelli della forma precedentemente descritta; meno frequentemente hanno un’anamnesi familiare positiva per cefalea e, non di rado, nelle donne, questa forma esordisce durante la gravidanza.
Nell’ambito del capitolo dell’emicrania con aura si distinguono forme caratterizzate dalla presenza di disturbi visivi (i cosiddetti “spettri di fortificazione”, scotomi scintillanti, “greche”, deficit campimetrici, etc.) e/o neurologici focali (emiparesi, emiparestesie, afasia, etc.) esclusivi della fase iniziale, definite emicrania con aura tipica; esistono poi forme con sintomi iniziali che persistono più di 60 minuti, definite emicrania con aura protratta.
Sotto la denominazione di “aura emicranica senza cefalea” si comprendono le forme nelle quali la sintomatologia neurologica dell’aura non è seguita dalla fase dolorosa, ponendo così notevoli problemi di diagnosi differenziale con gli attacchi ischemici cerebrali transitori.
Tra le complicanze dell’emicrania vanno infine annoverati lo “stato di male emicranico” e l’ “infarto emicranico”. Il primo è definito come un attacco di emicrania in cui la fase dolorosa supera le 72 ore nonostante un trattamento adeguato, oppure caratterizzato da attacchi di emicrania subentranti con intervalli liberi di durata inferiore alle 4 ore (i periodi di sonno non sono considerati). Lo stato di male emicranico frequentemente si associa all’abuso di analgesici.
Si parla invece di infarto emicranico quando uno o più sintomi dell’aura perdurano oltre una settimana e/o vi è una conferma neuroradiologica di infarto ischemico. Un infarto cerebrale è pertanto considerato di natura emicranica solo quando si verifica nel corso di un attacco di emicrania con aura, in assenza di fattori di rischio metabolici e non metabolici per malattia carebrovascolare”.

A cura di Elena Villa