Il termine merenda deriva dal verbo latino “merere”, ovvero meritare. Ciò dipende dal fatto che un tempo solo le classi più abbienti potevano permettersi di mangiare qualcosa in più oltre i tre pasti della giornata. Fare la “merenda” è un’usanza tipica delle famiglie italiane. I bambini italiani tendono infatti a consumare cinque pasti al giorno: i tre pasti principali, più due spuntini, di cui uno a metà mattina e uno a metà pomeriggio. Ma si tratta davvero di una buona abitudine? Ne abbiamo parlato con gli specialisti di Humanitas.
L’abitudine anglosassone degli “snack”
Se la merenda è una abitudine tutta italiana, la pratica dello snacking, ovvero l’abitudine di sgranocchiare qualcosa quasi a tutte le ore, e soprattutto fuori casa, è tipica delle nazioni anglosassoni. Ma le differenze non si esauriscono qui. Da uno studio della Fondazione Italiana per l’educazione alimentare, che ha confrontato le caratteristiche nutrizionali di 10 merendine tra le più vendute in Italia, Gran Bretagna, Usa, è emerso che le differenze di abitudini non dipendono solo dagli orari: a variare è anche e soprattutto la qualità e la quantità del cibo consumato. Una merenda italiana si aggira attorno ai 34 grammi contro i 66 grammi degli snack britannici e gli 81 grammi di quelli americani. Ne consegue un apporto diverso di zuccheri e grassi saturi ingeriti.
Frutta, yogurt, gelati e merendine
Prima frutta e yogurt, poi gelato e solo dopo le merendine. Secondo le statistiche all’ultimo posto degli snack consumati dagli italiani ci sarebbero le torte fatte in casa. Se si confrontano i dati che vengono dagli Stati Uniti, invece, gli snack dolci confezionati monodose sono al sesto posto nella graduatoria delle specialità alimentari più vendute: il panorama del consumo italiano è decisamente più incoraggiante quello straniero.
Qual è la merenda ideale per i bambini?
La merenda dovrebbe rappresentare dal 5 al 10% delle calorie totali giornaliere, quindi nel caso di bambini in età scolare, circa 120-200 kcal. È un pasto che serve a reintegrare l’energia spesa nella mattinata e nel pomeriggio e deve permettere di non avvertire troppa fame al momento del pasto successivo, ma non deve togliere l’appetito e appesantire per ore.
Sono esempi di spuntini: un pacchettino di crackers non salati e un succo di frutta, un vasetto di yogurt con una manciata di cereali, un frutto e qualche galletta, un pezzetto di cioccolato fondente, pane e marmellata, pane e formaggio spalmabile.
Senza dimenticare l’importanza dell’idratazione, anche nella merenda è importante bere: acqua, tè, infusi, spremute di frutta. No, invece a bibite o tè zuccherati.
Se si scelgono merende confezionate attenzione all’etichetta: ormai le indicazioni nutrizionali sono obbligatorie, quindi occhio alle calorie e alla quantità di grassi e grassi saturi. Ad esempio, un piccolo panino con una fetta di prosciutto cotto sgrassato apporta circa 140 kcal e 1g di grassi, una merendina al cioccolato apporta le stesse calorie, ma ben 11g di grassi.
“Non c’è un’età limite in cui smettere di fare merenda – ha concluso Mura -; certamente i ragazzi in crescita e gli sportivi hanno bisogno di un rifornimento energetico più articolato nel tempo. Tuttavia, anche da adulti una merenda equilibrata e bilanciata al grado di attività fisica svolta resta una abitudine tipica della dieta mediterranea. Diversamente, per chi soffre di diabete ed obesità un recente studio dell’Università di Tel Aviv ha dimostrato che è più efficace a mantenere il bilancio glucidico e a ridurre il peso un’alimentazione che prevede solo i tre pasti principali, senza spuntini”.