La stipsi (o stitichezza) è un disturbo comune che interessa oltre il 15% della popolazione, soprattutto di sesso femminile e che può colpire qualsiasi età, specialmente soggetti con più di 65 anni. Tale condizione è caratterizzata dalla difficoltà o infrequenza nell’evacuazione delle feci, impatta notevolmente sulla qualità di vita e, quando compaiono lunghi periodi di stitichezza, la salute generale ne risente.
Approfondiamo l’argomento con il dottor Danilo Paduano, gastroenterologo in Humanitas Mater Domini e presso gli ambulatori Humanitas Medical Care.
Stipsi, che cos’è?
Si parla di stitichezza quando si hanno meno di tre evacuazioni alla settimana a cui in genere si associano sforzo durante la defecazione, feci dure eo caprine oppure sensazione di evacuazione incompleta. In ogni caso la gravità della stitichezza varia da persona a persona. La stipsi può essere acuta o cronica. Quella acuta è caratterizzata dall’improvviso cambiamento della regolarità intestinale, ben riconoscibile e che può indirizzare con più facilità verso una causa, ad esempio l’inizio di terapie con farmaci come antidepressivi, antipertensivi o supplementi di ferro. La stipsi cronica può insorgere gradualmente e persistere per mesi o anni e l’identificazione della possibile causa risulta più articolata, generalmente solo un’attenta analisi della storia del paziente può indirizzare la diagnosi. In particolare, si parla di stitichezza cronica quando i sintomi persistono per 12 settimane, anche non consecutive, nell’arco di un anno.
I sintomi della stitichezza
La stipsi è caratterizzata da disturbi quali:
- sforzo eccessivo e prolungato durante la defecazione
- dolore durante la defecazione
- evacuazione di feci aride, dure eo caprine
- sensazione di incompleta evacuazione
- ricorso a manovre manuali o ausili tipo supposte, clisteri o lassativi
- mancanza di stimolo
- senso di ostruzione o blocco anale
Oltre all’incapacità all’evacuazione, possono aversi sintomi quali:
- digestione lenta
- sensazione di ingombro addominale
- gonfiore addominale
- facile affaticabilità sino al malessere generale e all’irritabilità dell’umore.
Stitichezza, quali sono le cause?
È importante innanzitutto ricordare che la stipsi è un sintomo, non una malattia. Quasi tutti soffriamo di stitichezza prima o poi nella vita, di solito perché la nostra dieta non è corretta, ma nella maggior parte dei casi la costipazione è temporanea e non grave. La stipsi transitoria è frequente durante la gravidanza, nei cambi di luogo ed abitudini alimentari (es. viaggi), in persone sedentarie che non si idratano in maniera sufficiente, nel periodo che segue interventi chirurgici e dopo l’utilizzo di antibiotici.
Una stipsi cronica invece può essere causata da vere e proprie disfunzioni motorie intestinali e/o anorettali (es. prolasso rettale e rettocele) oppure da patologie come la diverticolosi, le malattie infiammatorie croniche intestinali, il tumore del colon-retto. Fra le malattie croniche che spesso si accompagnano a stipsi, vi sono il Morbo di Parkinson, il diabete e malattie neurologiche.
Anche alcuni farmaci (es. anestetici, analgesici, antiacidi, anticolinergici, antidepressivi) possono rallentare il transito delle feci lungo l’intestino.
Come combattere la stitichezza?
La modifica della dieta e dello stile di vita è spesso il primo trattamento consigliato per la stitichezza, indipendentemente dalla causa o dalla gravità dei sintomi.
In particolare:
- Regolarità negli orari dei pasti: la regolarità nell’alimentazione aiuta il benessere intestinale;
- Dieta ricca in fibre: è consigliato il consumo di almeno 20-35 grammi di fibre giornaliere. Tra le fibre, utili ci sono sia quelle solubili (mucillagini di psillio o glucomannano) che insolubili (metilcellulosa, crusca);
- Esercizio regolare: l’attività fisica facilita l’attività intestinale;
- Adeguato apporto di liquidi: bere almeno 1.5-2.0 litri di acqua aiuta a mantenere un buon transito delle feci;
- Dedicare il giusto tempo per le funzioni intestinali: il momento migliore è al mattino dopo la prima colazione e non bisogna ignorare lo stimolo.
Nel caso in cui i cambiamenti nell’alimentazione e nello stile di vita non siano sufficienti, può essere necessario l’utilizzo di lassativi, ve ne sono diversi:
- Integratori di fibre o lassativi di massa: richiamano acqua nell’intestino ed ammorbidiscono le feci facilitandone l’evacuazione;
- Da contatto/stimolanti: sono dei potenti attivatori della motilità intestinale, ma possono causare crampi addominali;
- Emollienti delle feci: lubrificano le feci e ne aiutano il passaggio;
- Osmotici: agiscono trattenendo e richiamando liquidi nell’intestino con un meccanismo osmotico o modificando la distribuzione dell’acqua nel materiale fecale;
- Lassativi salini: richiamano acqua nel colon. Vengono speso utilizzati nella preparazione per le procedure endoscopiche;
- Procinetici;
- Agonisti serotoninergici (Prucalopride): questi agenti stimolano il rilascio di aceticolina che è un neurotrasmettitore che aumenta le contrazioni peristaltiche del colon.
In definitiva è importante ricordare che il persistere di una stitichezza cronica, la modifica repentina delle abitudini intestinali, soprattutto se in età superiore ai 50 anni, la presenza di altri segni clinici come, ad esempio, calo ponderale ed ematochezia, rappresenta uno stato di allarme che deve essere investigato, quindi è fondamentale parlarne con il proprio medico curante o specialista gastroenterologo di fiducia.