Uno dei tumori più diffusi in Italia, che colpisce 1 donna su 9 nel corso della vita, è il carcinoma mammario.
Questo tumore, che aumenta di percentuale con il crescere dell’età, ha origine quando le cellule della ghiandola mammaria si sviluppano in modo incontrollato, e se non viene trattato in tempo c’è il rischio che si diffonda ad altri tessuti, o per prossimità o attraverso il circolo sanguigno, trasformando il cancro in una patologia sistemica che coinvolge altre parti dell’organismo.
Alcuni dei fattori di rischio di questo tumore non sono modificabili, altri invece sì: ne parliamo con la dottoressa Erika Barbieri, senologa in Humanitas.
I fattori di rischio non modificabili
I comportamenti adottati dal paziente possono modificare alcuni fattori che concorrono alla possibilità di contrarre un carcinoma mammario, ma non possono fare nulla per altri: questi fattori vengono detti non modificabili.
Sono fattori di rischio come il genere: secondo le stime, infatti, solo 1 uomo su 629 contrarrà il tumore della mammella nel corso della vita, a differenza delle percentuali femminili. Altri fattori di rischio non modificabili sono l’età, la densità del seno, – seni in cui il tessuto fibroso e ghiandolare è superiore al tessuto adiposo hanno una probabilità maggiore di sviluppare un cancro – e la presenza nel seno di accumuli di cellule differenti da quelle normali, seppur non tumorali (iperplasie atipiche).
Ancora, la familiarità – legata alla presenza di mutazione genetica BRCA1-2-, una comparsa del ciclo mestruale precoce, prima dei dodici anni, ma anche una menopausa tardiva dopo i cinquantacinque anni possono essere ulteriori fattori di rischio, insieme al fatto di aver effettuato radioterapia o essere stati esposti a radiazioni, soprattutto in giovane età.
La prevenzione primaria del tumore al seno
La prevenzione primaria include tutti quegli stili di vita che diminuiscono le possibilità di contrarre un carcinoma mammario. Non parliamo tanto di una lista di precetti che danno la certezza di non ammalarsi mai, quanto piuttosto di una serie di accorgimenti che, a livello statistico, potrebbero ridurre la probabilità di contrarre questo tipo di tumore.
Il rischio aumenta con l’età e bisogna prestare sempre attenzione all’obesità, soprattutto addominale (dunque a un girovita con diametro superiore agli 88 centimetri), e specie dopo la menopausa. All’aumento di peso si associa spesso una scarsa abitudine all’attività fisica: tra le concause di molti tumori, c’è appunto la sedentarietà. Sarebbe pertanto opportuno svolgere settimanalmente un minimo di 75 minuti di attività fisica intensa (dunque andare in palestra, correre e in generale dedicarsi a uno sport) e 150 minuti di attività moderata (termine che indica anche piccoli sforzi, come le pulizie domestiche, il giardinaggio o passeggiate a ritmo sostenuto).
La dieta è anch’essa fondamentale nella prevenzione oncologica, ma non solo. La raccomandazione è quella di ridurre il consumo di alcolici e mantenere un’alimentazione ricca di frutta, verdure e fibre e povera di carne rossa, carne lavorata, grassi saturi e zuccheri.
Infine anche il fumo di sigaretta sembra aumentare il rischio di tumore al seno: un altro comportamento da evitare.
Mutazioni genetiche e prevenzione secondaria
Per le donne con una mutazione genetica dei geni BRCA1-2, e che quindi hanno un maggior rischio di sviluppare un tumore della mammella o dell’ovaio, esistono due strade percorribili.
La prima, ancora relativa alla prevenzione primaria, è la mastectomia profilattica bilaterale. Si tratta dell’asportazione chirurgica del seno, seppur non ancora malato: un’operazione che non azzera il rischio (perché non viene asportata la totalità delle cellule del tessuto mammario) ma lo riduce del 90%.
La seconda, meno invasiva, consiste nella cosiddetta prevenzione secondaria o diagnosi precoce. Con questo intendiamo una serie di esami diagnostici, come la visita senologica, la mammografia, l’ecografia e la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) mammaria bilaterale con mezzo di contrasto, effettuati con cadenza regolare seguendo le indicazioni dello specialista.
La diagnosi precoce non può ridurre il rischio di sviluppare un carcinoma, ma permette di individuare un tumore quando è ancora in una fase iniziale e trattarlo nella maniera più opportuna, con approcci sia chirurgici, sia terapeutici meno invasivi per la paziente e con una possibilità di prognosi più favorevole.