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Chirurgia del seno: protesi a confronto

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Dopo vent’anni di esperienza nell’utilizzo di protesi al seno in poliuretano esistono dati e casistiche sufficienti per aumentare l’efficacia e gli eventuali rischi di questo tipo di materiale alternativo al silicone. Se n’è parlato lo scorso 5 dicembre in Humanitas con alcuni tra i massimi esperti del settore. Il prof. Roderick Hester, direttore della Divisione di Chirurgia Plastica della Emory University di Atlanta, ha illustrato la situazione nel suo Paese e i principali problemi legati all’uso di questi impianti. Nella tavola rotonda, invece sono state messe a confronto le protesi di silicone con gli impianti di poliuretano. Abbiamo rivolto in merito alcune domani al dott. Simone Grappolini, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica di Humanitas.

Dott. Grappolini, quale differenza esiste tra le protesi al silicone e quelle in poliuretano?
“Gli impianti in poliuretano sono protesi mammarie in silicone il cui involucro esterno è fatto in poliuretano. Hanno il vantaggio di causare una minore reazione pericapsulare, la cicatrice che avvolge qualsiasi tipo di protesi. Nel corpo, infatti, ogni volta che si impianta una protesi si forma una cicatrice interna che l’avvolge dovuta alla reazione dell’organismo al corpo esterno. Considerato che le protesi per il seno devono simulare una ghiandola mammaria quindi garantire un aspetto rotondeggiante, una certa morbidezza e turgore, è importante che cicatrice pericapsulare dovuta alla reazione sia minima. Altrimenti una cicatrice spessa e dura non consente di ottenere un buon risultato”.

Qual è il vantaggio delle protesi al poliuretano?
“Le protesi al poliuretano possono indurre una minore reazione quindi minori cicatrici pericapsulari rispetto a quelle di silicone. Questo è il vantaggio principale specialmente quando vengono impiantate al di sotto della ghiandola. Le protesi mammarie, infatti, possono essere messe sia sotto il muscolo pettorale, sia sotto la ghiandola. Sono particolarmente indicate in quest’ultimo caso poiché la minore reazione pericapsulare rende il risultato migliore. Infatti, di norma si sceglie questa tipologia di impianto nelle donne magre, dove il tessuto che ricopre la protesi è più sottile e se si dovesse verificare una reazione pericapsulare importante sarebbe più evidente il difetto estetico oppure nelle pazienti che già in precedenza hanno avuto protesi al silicone che hanno dato dei problemi di grave reazione pericapsulare”.

Si possono considerare sicure?
“Nel 1991, quando scoppiò una diatriba relativa alle protesi mammarie negli Stati Uniti e in Europa furono sospese sia quelle al silicone sia quelle ricoperte di poliuretano. Il sospetto era che il silicone potesse indurre malattie autoimmunitarie, come l’artrite reumatoide, il lupus erimatosus sistemico etc. Oggi si ha la certezza che il silicone non causa queste patologie, pertanto l’allarme è rientrato. Mentre quelle al poliuretano in Usa sono ancora proibite, perciò non vengono usate. Al momento vengono utilizzate soltanto in Italia e in Germania, mentre in Francia e in Gran Bretagna ancora non sono impiegate. Ciò perché non si ha a disposizione una casistica sufficientemente grande per dire con certezza che il foglio di poliuretano non sia pericoloso. Infatti il rischio è dato dalla possibile formazione di cataboliti tossici. Col tempo, infatti, questo strato va in degradazione e può rilasciare cataboliti, cioè sostanze chimiche che potrebbero ipoteticamente avere azione cancerogenetica. Sebbene siano stati eseguiti studi che hanno escluso questa ipotesi, ancora oggi in molti Paesi non sono ancora ammesse; in Italia comunque vengono usate in alcuni centri. Un altro aspetto da considerare è che in caso di reazioni pericapsulare le complicanze sono più fastidiose e la rimozione della protesi con rivestimento in poliuretano può essere più complicata di quella di solo silicone”.

A cura di Lucia Giaculli