Obesità “chimica”. L’esposizione ad alcune sostanze chimiche come gli ftalati, presenti in diversi prodotti, dalla plastica allo smalto per le unghie, potrebbe giocare un ruolo nell’insorgenza dell’obesità. Questi agenti impatterebbero sulla quantità di grassi accumulati. È l’ipotesi di una ricerca condotta però su modelli sperimentali realizzata dalla University of Georgia (Stati Uniti) e pubblicata su Toxicology in vitro.
Alcuni ftalati si sono dimostrati tossici ad alti livelli di esposizione, ma il legame tra l’esposizione a livelli più ridotti e un particolare ftalato, il benzil butil ftalato (BBP) non è stata ancora del tutto esplorato. L’esposizione cronica, per lunghi periodi di tempo e a basse dosi, potrebbe essere nociva, dice uno dei ricercatori. Il team ha visto così in che modo l’esposizione al BBP fosse in grado di influenzare il modo in cui i lipidi sono accumulati nelle cellule.
Ftalati associati ad accumulo di grasso nelle cellule
L’effetto dell’esposizione al BBP è stato paragonato a quello del bisfenolo A, un distruttore endocrino ambientale noto per giocare un ruolo nell’adipogenesi, ovvero lo stimolo alla produzione di grasso. L’effetto rilevato è simile: entrambe le sostanze chimiche inducono l’accumulo di gocce di lipidi ma con il BBP l’effetto è più marcato. Ecco perché l’esposizione al BBP potrebbe portare all’obesità.
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«Questo studio pone un tassello di non poca importanza nella prevenzione dell’obesità: evidenzia infatti come nel PVC utilizzato per confezionare il cibo (parliamo della pellicola di plastica in cui noi stessi avvolgiamo il cibo in casa per conservarlo in frigofero, ma anche delle confezioni per frutta, verdura, carni e formaggi tipiche della grande distribuzione) sia presente il BBP, un composto che è poi stato trovato nelle urine sia di animali sia di uomini che si cibano di alimenti avvolti in pellicola», spiega il dottor Giuseppe Marinari, responsabile di Chirurgia bariatrica dell’ospedale Humanitas.
Che ruolo hanno queste sostanze chimiche?
«Con grande sorpresa il BBP è stato correlato all’insulino-resistenza tipica dell’obesità, specie quella a distribuzione addominale del grasso che è poi a maggiore rischio di malattia cardiovascolare. A seguito di questo dato sono stati intrapresi ulteriori studi a seguito dei quali il BBP è stato trovato responsabile di: adipogenesi; accumulo di grasso intracellulare; cosa più grave di tutte, stimolo alla differenziazione cellulare in adipociti (cellule deputate alla conservazione del grasso), processo di per sé grave perché una volta instaurato non è possibile tornare indietro: si possono cioè “far dimagrire” le cellule ma non si può trasformare un adipocita in altra cellula non più tipicamente destinata al deposito di grasso».
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«In pratica non sappiamo quanta parte questo BBP possa avere nella genesi dell’obesità, cioè se sia responsabile dell’uno per mille o del 20% della malattia. Di certo – conclude l’esperto – se questo studio venisse confermato, l’indicazione a evitare assolutamente l’uso del PVC e l’acquisto di cibi in esso avvolti potrebbe essere un aiuto nella prevenzione di sovrappeso e obesità».