Tecnologia

“Robot contadini” e diagnosi hi-tech, un argine contro il cibo contaminato

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Per contenere il rischio che il cibo contaminato arrivi sulle nostre tavole bisognerebbe puntare sulla tecnologia. L’obiettivo sarebbe creare una “filiera di produzione intelligente”, dalla terra alla grande distribuzione, in cui gli alimenti sarebbero attentamente monitorati. La riflessione porta la firma di Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, sulle pagine del quotidiano La Stampa.

Le parole di Cingolani arrivano all’indomani della diffusione della “black list” degli alimenti più contaminati redatta da Coldiretti: dal broccolo cinese alle melagrane egiziane, tanti alimenti importati in Italia contenenti residui di sostanze chimiche fuori norma rispetto alla legislazione europea.

(Per approfondire leggi qui: Gli alimenti più contaminati? I broccoli cinesi. La denuncia di Coldiretti)

“Abbiamo molti strumenti per scongiurare i veleni nel piatto”, dice Cingolani che invita tutti a investire di più in ricerca e sperimentazione. Alcuni strumenti sono già stati messi a punto e andrebbero valorizzati. Si tratta di teconologie diagnostiche, il cosiddetto hi tech dei sensori, strumenti flessibili da poter usare fuori dai laboratori, magari nei luoghi di produzione e distribuzione prima che i prodotti alimentari arrivino nei supermercati.

No a sprechi e più made in Italy: una nuova politica del cibo

Uno scenario immaginato da Cingolani è quello della “agricoltura di precisione”, come la definisce lo scienziato. “Robot-contadini” da impiegare nei campi per individuare quali piante irrorare e quali no. Oggi, ricorda Cingolani, le piante sono infatti esposte a una vera e propria “overdose di trattamenti”.

(Per approfondire leggi qui: Ogm, Mantovani: “La scienza ci dice che non sono cancerogeni”)

Lo sviluppo scientifico e tecnologico dovrebbe essere anche sostenibile, per l’uomo e l’ambiente, e potrebbe innescare una nuova rivoluzione manifatturiera creando materiali a basso impatto ambientale.

Anche il ciclo dell’acqua meriterebbe interventi ad alto tasso di tecnologia ma, al di là di sperimentazioni e innovazioni, c’è un problema a monte. Siamo sicuri di dover importare questi prodotti, che spesso si rivelano contaminati, da Vietnam e Cina? Senza sprechi e scarti e valorizzando ancora di più il made in Italy si potrebbe puntare su una una nuova politica del cibo, conclude Cingolani.