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Batterio killer: la carne possibile colpevole

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Dopo le varie ipotesi, tutte smentire, sulla fonte della contaminazione Il CNR invita a partire dall’esperienza passata per trovare la chiave del “giallo”.

Dito puntato contro tanti diversi presunti colpevoli: prima i cetrioli, poi i pomodori e, infine, i germogli di soia. Tutti successivamente assolti dai test di laboratorio. E mentre il mercato dei vegetali vacilla, fonti ufficiali del Cnr (Consiglio nazionale delle ricerche) invitano a una diversa riflessione, che tenga conto che “nella storia delle contaminazioni alimentari con Escherichia Coli O157:H7, virulento forse come il ceppo attuale – fa notare il professor Antonio Malorni del Cnr di Avellino – l’origine è stata sempre la ‘carne e derivati’, incluso il latte. C’è stata una unica contaminazione con l’acqua non ben clorata in Usa tra la fine del 1989 e l’inizio del 1990 e un solo caso di contaminazione per prodotti vegetali, che erano ‘germogli di ravanello bianco’, in Giappone nel 1996 con 8.576 intossicati, 106 casi di Seu- Sindrome emolitico-uremica e 3 decessi”. Questo significa che la colpa dell’epidemia deve essere ricercata nella carne e non più nei vegetali? “Significa – spiega il professor Malorni – che nella storia passata la causa principale di queste contaminazioni è sempre stata la carne o derivati, anche se non vuol dire debba sempre essere così. Statisticamente, però, è ciò che è avvenuto e questo ha rilevanza scientifica. I controlli stanno avvenendo sicuramente anche in questo ambito (oltre che sul processo alimentare in generale, come ribadito dal Ministero della Salute italiano Ferruccio Fazio). Dal punto di vista pratico questo significa, inoltre, che si deve preferire il consumo di carne ben cotta (perché la cottura uccide il batterio) e non, per esempio, la tartare, non mischiare i coltelli o gli utensili da cucina (quindi, per esempio, non tagliare carne e pane sullo stesso tagliere e con lo stesso coltello) e, soprattutto, lavarsi bene le mani dopo aver manipolato la carne” conclude il professor Malorni che, inoltre, ha appena terminato uno studio su un metodo rapido (in soli due minuti) per l’identificazione di batteri, tra cui l’Escherichia Coli, grazie allo spettrometro di massa. Ma cosa ne pensano i gastroenterologi? Lo chiediamo ai professionisti di Humanitas.

Siete d’accordo con la “teoria della carne”?
“Direi proprio di sì, nel senso che dal punto di vista epidemiologico e statistico, il serbatoio naturale è negli animali. I vegetali c’entrano nella misura in cui se non vengono trattati secondo norme igieniche sicure, possono essere veicolo di contaminazione. Per cui da ‘incolpare’ non sono i vegetali in sè, bensì la loro concimazione (con ‘materiale organico contaminato’) o il processo di produzione, essendo la trasmissione del batterio di tipo oro-fecale. In Germania l’incidenza annuale dell’E.coli enteroemorragica è di circa 1000 casi, e solo una piccola percentuale sviluppa la sindrome emolitica-uremica. Quest’ultimo eccesso di contagio denota, quindi, un problema che risiede verosimilmente proprio nella pulizia e nella catena di distribuzione di quel Paese”.

A cura di Lucrezia Zaccaria