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Bioterrorismo, unire le forze per la sicurezza

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Per contrastare la minaccia del terrorismo biologico è necessaria una rete di prevenzione in grado di integrare sistemi organizzativi e strategie cliniche.

La prevenzione del rischio bioterroristico, le strategie cliniche e organizzative, la rete migliore per garantire la sicurezza in questo settore. Sono gli argomenti approfonditi nel recente incontro presso l’Istituto Clinico Humanitas, cui hanno partecipato rappresentanti dell’Aeronautica Militare, dell’AREU Lombardia (Azienda Regionale Emergenza Urgenza), delle Forze dell’Ordine e dell’ospedale. L’evento ha definito l’organizzazione italiana, e lombarda in particolare, pronta ad arginare i danni relativi a un eventuale attacco terroristico di tipo biologico. Questo incontro dà il via a una successiva e pianificata collaborazione fra tutte le forze in causa all’insegna dell’integrazione e tempestività d’intervento.

Per bioterrismo si intende l’uso di prodotti organici infettivi, quali virus (come il vaiolo) o spore (come l’antrace), al fine di attaccare e danneggiare un gruppo di persone. Sfortunatamente il terrorismo di natura biologica trova in uno dei suoi nemici anche un potente alleato: la biotecnologia infatti è in grado oggi di mutare i virus e renderli maggiormente resistenti alle attuali terapie, complicando così i tentativi di scongiurare completamente ogni rischio. “Bisogna inoltre ricordare – ha spiegato il dottor Michele Ciccarelli, responsabile di Medicina Generale e Pneumologia in Humanitas – che quasi tutte le minacce del bioterrorismo sono anche presenti in natura”. Questi pericoli (come anche il costante aumento di flussi demografici e gli episodi verificatisi nel 2001) hanno fatto sì che nascessero in tutto il mondo potenti reti a protezione dell’incolumità della popolazione.

In Italia le prime procedure organizzative sono state attivate proprio nel 2001, mentre nel 2004 sono state aggiornate le linee guida in caso di attacco bioterroristico. “La Lombardia, ad esempio, è fortemente organizzata”, come hanno ricordato il dottor Michele Lagioia, vicedirettore sanitario dell’Istituto Clinico Humanitas e il dottor Carlo Marena, dell’AREU Lombardia. “Questa rete non include solamente la sanità, ma anche le Forze dell’Ordine – ha spiegato il tenente colonnello Pierluigi Fornasini, della Commissione Medica II° Istanza Interforze Milano – e l’Aeronautica Militare”.
Nonostante l’impegno costante in questo settore, non bisogna commettere l’errore di abbassare la guardia: una completa valutazione dei rischi ambientali, un’adeguata formazione del personale coinvolto in un eventuale attacco (laboratori di analisi compresi) e una forte integrazione delle forze in gioco sono elementi essenziali per una reazione efficace. Ma qual è il protocollo? Sono quattro le fasi da rispettare:

1. identificazione rapida di eventuali eventi di bioterrorismo
2. attenta sorveglianza del territorio
3. veloce identificazione della patologia
4. efficace comunicazione.

Una corretta informazione è infatti indispensabile, sia per evitare errori dovuti alla scarsa conoscenza del fenomeno, sia per non scatenare reazioni di panico che peggiorerebbero ulteriormente la situazione d’emergenza.

Per una migliore gestione del rischio, sono stati classificati tre gradi di intensità per le minacce biologiche: A, B e C. “La valutazione di ogni potenziale agente biologico usato come arma è stata elaborata in base alla sua pericolosità, alla velocità e alle modalità di diffusione e contagio, alla possibilità di intervento e all’impatto mediatico – ha spiegato il colonnello Roberto Biselli, del Servizio Sanitario dell’Aeronautica Militare – questo rende necessari diversi livelli di protezione e prevenzione”. Inoltre, ogni particolare minaccia biologica possiede un diverso grado di infettività: “Per questo il personale dell’Aeronautica Militare ha istituito un team di biocontenimento in grado di trasportare pazienti affetti da patologie ad alto rischio di contagio”, ha spiegato il generale Ottavio Sarlo, capo del Corpo Sanitario dell’Aeronautica. Questo team, altamente specializzato e costantemente aggiornato, utilizza strumenti ad hoc: l’aereo impiegato infatti è completamente adibito al trasporto ad alto rischio. A bordo del velivolo si trova anche una camera di isolamento pronta da montare in caso di atterraggio di emergenza. “Per rendersi conto di quanto l’attrezzatura sia specifica basta pensare che la sola barella, completamente isolata ma con appositi strumenti per aiutare il paziente in qualsiasi momento, pesa oltre duecento chilogrammi” ha precisato il tenente colonnello Marco Lastilla, del Servizio Sanitario dell’Aeronautica. Obiettivo per il futuro è perfezionare a tal punto la tecnica e la strumentazione da poter effettuare questo genere di trasporto anche in elicottero.

Gli aspetti clinici sono stati analizzati dal dottor Ciccarelli, che ha descritto le varie misure preventive per le più gravi minacce biologiche e i relativi trattamenti terapeutici: “Perché l’antrace, ad esempio, diventi effettivamente un pericolo per la persona che la inala o la tocca bisogna che il contagio avvenga con almeno 5/8.000 spore. In questo caso la terapia prevede l’assunzione, per 60 giorni, di due diversi antibiotici, cosa che crea un forte bisogno di stoccaggio”. L’analisi ha proseguito affrontando poi patologie provocate da peste, tularemia, vaiolo, botulino e le febbri emorragiche come l’ebola.

Ha chiuso l’incontro la dott.ssa Ines Caneponi, Primo Dirigente Medico della Polizia di Stato, con alcuni case report in cui la polizia è intervenuta per la sicurezza della popolazione. Nel 2001, ad esempio, dopo i primi episodi di buste postali contenenti antrace si è diffuso un timore generale e sono arrivate numerosissime segnalazioni. “Abbiamo gestito queste situazioni grazie ad un specifico kit e ad apposite linee guida studiate per il rinvenimento di polveri sospette in plichi chiusi, aperti o addirittura in caso in cui la polvere ritenuta potenzialmente pericolosa si trovasse in un luogo aperto”. La dott.ssa Caneponi ha ricordato, fra i tanti, gli episodi di borotalco trovati nei bagni dei treni che avevano suscitato il panico e numerosi casi di segnalazioni di lettere indirizzate sia a personalità pubbliche sia a gente comune.

A cura della Redazione