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La medicina araba, un sapere prezioso

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Come i celebri nani sulle spalle dei giganti i sapienti musulmani non si limitarono a conservare il sapere, ma gli diedero vita nuova con un forte taglio sperimentale. Si può parlare di genio islamico in medicina, astronomia, matematica e fisica. Qualche esempio? L’attuale Iraq, devastato dalla guerra, ha una gloria nata nella seconda metà del X secolo, al-Haytham definito “gigante degli studi di ottica; in una cultura che ha fatto della mistica della luce uno dei suoi capitoli più suggestivi”.
Quanti sanno che l’Afghanistan del X secolo era la culla di una raffinata cultura? Sotto il regno di Mahmud (998-1030) la capitale Ghazna conobbe un grande sviluppo e la corte veniva frequentata dalle menti più eccelse, reclutate anche attraverso lo spionaggio. Al-Biruni (973-1030), fu uno di questi uomini rapiti affinché i suoi studi dessero uno splendore aggiunto al regno.

Ma perché proprio l’Islam è stato il veicolo di conoscenza? La risposta per molti è ovvia: grazie ai precetti del Corano e agli hadith, per i quali lo studio della natura aveva un significato devozionale che sconfinava nella mistica. Si pensi alla bilancia, il cui uso è regolato da Jabir ibn Hayyan (VIII sec.), studioso di alchimia: “la bilancia misurava prima di tutto la presenza dell’Anima del Mondo nelle sostanze”. Con al-Khwarezmi (dal cui il termine “algoritmo”), la matematica islamica ricava da quella indiana lo zero e gli elementi principali della trigonometria.
La medicina araba meriterebbe ben più che pochi semplici accenni, dati come invito a ben più ampi approfondimenti. Pensiamo ad al-Razi (860-932), direttore dell’ospedale di Baghdad, autore della prima accurata descrizione del vaiolo, apprezzato per gli studi in chimica e gli scritti di farmacopea e al più noto Avicenna (980-1037), autore del Canone di medicina (Canon medicinae) che ebbe, tra i trattati di medicina, il più ampio numero di ristampe durante il Rinascimento. Un noto passaggio del Canone è molto eloquente: “Dico che la medicina è la scienza che fa conoscere le disposizioni del corpo umano sì che possa essere preservata la salute abituale oppure, se questa è venuta a mancare, essa possa essere recuperata”.

Proprio con l’apertura alle idee si ritrova la tradizione medica greca, ripresa da quella araba che mette al centro la salute, ovvero l’importanza delle norme per mantenerla. L’opera di Elluchasem Elimithar Ibn Butlan, medico cristiano, è un insieme di tavole sinottiche di igiene, dietetica e medicina domestica, intitolato Tacuini Sanitatis (traduzione del taqwim as Sihha): “de sex rebus non naturalibus… conservandae sanitatis, recens exarati”, ovvero “le sei cose necessarie per mantenersi in salute”:

la qualità dell’aria che influisce sul cuore;
essere regolari nell’alimentazione;
sempre “regolari” nel moto come nella quiete;
attenzione a non dormire o rimanere troppo svegli;
regolare il rilassamento e gli umori;
regolare gli affetti.

Norme scontate? Quanti tra noi le osservano tutte? Da chi ha ritmi impegnativi con il lavoro ai giovani, facili alle “ore piccole”, vediamo che possiamo riflettere ancora sui testi antichi, disarmanti nella loro semplicità non più ovvia per noi “moderni”.
Medici europei e arabi praticavano al contempo medicina e astrologia con distinzione tra teoria e pratica; settori particolari di conoscenza dove compare attenzione meticolosa alla materia e forme di religiosità da iscrivere nel quadro dell’epoca considerata; rimane vero che le traduzioni arabe furono un varco nella barriera non solo culturale ma religiosa.

Il periodo aureo della medicina araba si interrompe, per gli storici, con l’invasione mongola di Baghdad nel 1258 e forse ancor più con le conquiste da parte cristiana di Cordoba e Toledo quando ormai l’Europa cristiana ha ricevuto nuova linfa dalle traduzioni latine provenienti dall’Andalusia. Non è da sottovalutare l’opera dei traduttori, tenendo conto che ci si accostava a testi non cristiani; non è da poco costatare che nel momento di tradurre, si sa esattamente il confine da non superare, per non alterare il contenuto.
Il recupero del patrimonio greco avviene tramite i testi arabi e se divergenze ci furono, quello scientifico fu il campo che resistette alle vicende storiche. Cosa che pare non accada ai nostri tempi; c’è chi teme una frattura tra scienziati occidentali e musulmani e ciò può rappresentare un passo indietro per progetti internazionali, missioni scientifiche e lavori di ricerca che rischiano di rimanere fermi. Lo spirito di collaborazione è di imprescindibile importanza per il futuro della comunità internazionale, in cui non c’è distinzione tra “razze, popoli, fedi e lingue”.

A cura di Cristina Borzacchini