La presenza di batteri nelle urine è causa di cistite, fra le più comuni infezioni del tratto urinario caratterizzata dall’infiammazione della vescica che interessa generalmente più le donne che gli uomini. Il suo trattamento prevede anche la somministrazione di antibiotici che tuttavia, a volte, può essere corredata da alcuni errori: «Ciò che va assolutamente evitato è l’uso indiscriminato degli antibiotici, tanto da parte dei medici di famiglia, cui spesso ci si rivolge in caso di cistite, quanto da parte dei pazienti», avverte il dottor Alberto Saita, urologo di Humanitas.
Il cattivo uso degli antibiotici, non solo in urologia, è alla base di una delle minacce più gravi per la salute pubblica mondiale: la resistenza agli antibiotici sviluppata dagli agenti patogeni. L’antibiotico-resistenza non fa altro che rendere più difficile il trattamento e dunque la guarigione delle cistiti, così come di altre infezioni di origine batterica. Secondo la Società italiana di Urologia, in circa il 40% dei casi di cistite l’uso degli antibiotici è inappropriato.
Oltre alla resistenza negli ultimi anni è emerso un altro dato: «Un tempo era soprattutto l’E.coli a causare un primo episodio di cistite – ricorda il dottor Saita. Oggi si osservano anche cistiti da klebsiella, ad esempio. L’origine di questi batteri potrebbe essere di origine alimentare alla luce della somministrazione massiccia di antibiotici agli animali da macello», spiega il dottor Saita.
Il trattamento dell’infezione batterica
Quello che è rilevante è capire in quali casi somministrare l’antibiotico: «La cistite è un’infezione che, quando è episodica, tendenzialmente si autorisolve. La guarigione arriva quando le cellule uroteliali della vescica si riparano spontaneamente e il contributo dei farmaci sarebbe solo un’accelerazione dei tempi di guarigione: con gli antibiotici la risoluzione della cistite è quasi immediata».
Nel caso di cistiti recidivanti «è necessario innanzitutto valutare più approfonditamente l’infezione, osservare l’apparato urinario tramite un’ecografia per escludere la presenza di piccoli ascessi, calcolosi urinaria o ristagno delle urine, e anche una visita ginecologica per escludere un’eventuale vaginite. Determinante è la sintomatologia: se si presenta solo batteriuria, ovvero ci sono batteri nelle urine, ma non altri sintomi, si può evitare di somministrare antibiotici. In questi casi è indicata una terapia con antinfiammatori e acidificanti urinari. Se invece si presentano altri sintomi come la febbre è corretto, anzi necessario, ricorrere a questi medicinali».
«In caso di presentazione di cistite con febbre e necessità di utilizzo immediato di antibiotici sarebbe utile, ove possibile, depositare in ogni caso le urine per urinocoltura in modo da avere un riscontro del quadro batterico. In genere – continua l’esperto – la terapia antibiotica, principalmente a base di chinolonici, è breve, cioè della durata di tre giorni mentre quella lunga, di quindici giorni, è riservata ai pazienti con infezione complicata e sospetta pielonefrite, ovvero l’infiammazione delle pelvi e dei reni».
Un caso tipico di uso scriteriato di antibiotici è quando si continua a somministrare tali farmaci per una cistite recidivante: «Una paziente è colpita da cistite e si sceglie di somministrare un antibiotico. Dopo nemmeno un mese la donna presenta nuovamente l’infezione ma senza sintomi se non la presenza di batteri. In questo caso dare un antibiotico non è una scelta sensata», sottolinea il dottor Saita. «Con queste pratiche non si fa altro che sostenere la resistenza agli antibiotici, con il rischio di creare ceppi selezionati di batteri resistenti e addirittura portare alla comparsa di super-infezioni, in cui ai primi batteri se ne aggiungono altri».
Meno antibiotici
In che modo si può dunque contenere l’uso di antibiotici? «Per le cistiti ricorrenti si può agire sulla sintomatologia con farmaci antinfiammatori o stimolando le difese del sistema immunitario. Gli episodi di cistite si manifestano spesso in periodi di forte stress, quindi in questi casi si può agire sugli elementi di difesa, senza aspettare l’insorgenza dei sintomi, con un supporto multivitaminico. Inoltre è bene seguire una dieta ricca di vegetali ma non a basso apporto di proteine, nutrienti necessari per le funzioni organiche».
Anche le scelte dei pazienti sono importanti: «Bisogna evitare l’autoprescrizione, cercando di utilizzare sempre lo stesso antibiotico in caso di recidive, quando necessario», conclude il dottor Saita.