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Preeclampsia: ipertensione, sovrappeso e familiarità tra i fattori di rischio

Tra le patologie della gravidanza che possono portare a un parto pretermine c’è anche la preeclampsia. Si tratta di un disturbo caratterizzato da elevati valori della pressione arteriosa e da altri sintomi, o segni, che segnalano disfunzioni a carico di diversi organi. «Si tratta della patologia ostetrica potenzialmente più grave, a volte si manifesta drammaticamente e può avere esiti assai pericolosi, sia per la mamma che per il nascituro», spiega il dottor Stefano Acerboni, ginecologo di Humanitas San Pio X.

«Fondamentale è quindi l’identificazione delle gravide a rischio, sia attraverso l’anamnesi della paziente e della sua famiglia, sia attraverso la “prevenzione ecografica” nel primo trimestre di gravidanza. Anche gli esami di laboratorio possono aiutare il medico nella diagnosi (esami del sangue e delle urine)».

Diagnosi e trattamento tempestivi

La preeclampsia si manifesta principalmente dopo la 20a settimana di gravidanza e in particolare nel corso del terzo trimestre. Oltre all’ipertensione la donna può presentare altri sintomi: «Edemi a caviglie e mani e proteinuria, ovvero un aumento dei livelli di proteine nelle urine, che segnala una disfunzione renale, sono i segni principali di uno stato preeclamptico».

(Per approfondire leggi qui: Gravidanza, i nutrienti fondamentali per la dieta)

«La forma eclamptica davvero grave – sottolinea lo specialista – non è però così frequente. Nella maggioranza dei casi si configura come uno stato di equilibrio instabile che però può scivolare, anche rapidamente, nel giro di 12/24 ore, verso esiti drammatici. Bisogna essere quindi tempestivi nella diagnosi e nell’impostare i provvedimenti terapeutici adeguati senza indugio».

Importante è il monitoraggio già alla fine del primo trimestre di gravidanza

«Con un’ecografia “esperta” si possono identificare le gravidanze più a rischio. Anche la flussimetria delle arterie uterine rappresenta un indice prognostico dello sviluppo del disordine preeclamptico. In altre parole, l’ecografia oggi ci permette di capire chi è più a rischio. Oltre a questo esame è importante anche l’anamnesi ostetrica: se la donna è già ipertesa, o presenta familiarità per preeclampsia o è stata già colpita da questa patologia in una precedente gravidanza, diventa necessario un controllo più intensivo della paziente. Anche un aumento di peso in tempi rapidi è un campanello d’allarme».

L’ipertensione pregravidica e la familiarità sono solo alcuni dei fattori di rischio della preeclampsia: «Oltre a queste lo sono l’età avanzata, l’essersi sottoposte a procreazione medicalmente assistita, la gravidanza gemellare, essere affetti da diabete o presentare condizioni metaboliche sfavorevoli. Controllare questi fattori di rischio – avverte l’esperto – significa contenere le probabilità di sviluppare preeclampsia».

La conseguenza più comune dello stato preeclamptico è il parto pretermine

«Si può avere preeclampsia con o senza (ancora) il coinvolgimento della crescita e/o del benessere fetale, almeno nelle fasi di esordio della patologia; in questo caso sono le condizioni materne a determinare il timing del parto. Alla luce dello stato di benessere del feto, della sua crescita, dei livelli di liquido amniotico, dei monitoraggi cardiografici e dell’insieme del pattern flussimetrico (ombelicale, cerebrale, dotto venoso, arterie uterine…) si decide quando è indicato terminare la gravidanza, se le condizioni materne lo permettono. Più frequentemente però “i due benesseri” procedono insieme, quindi la valutazione deve essere sempre duplice, “materno-fetale”».

«Per la prevenzione delle problematiche respiratorie fetali, nella previsione di una prematurità significativa, si procede all’induzione della maturazione polmonare fetale con una doppia iniezione di cortisone alla mamma».

(Per approfondire leggi qui: Gravidanza, in caso di allergia niente antistaminici)

La salute della donna è a rischio «in base al momento in cui si sviluppa la preeclampsia e al suo grado di severità, ed anche il puerperio è assai delicato, ovvero i giorni immediatamente successivi al parto: «In questa fase si prosegue con la terapia per il controllo della pressione e della diuresi, a volte anche con l’aiuto dell’internista, del nefrologo, mentre il neonatologo si occupa del neonato, che a volte è davvero piccolo, sia perché nasce “soltanto” prematuro, sia perché a volte nasce prematuro ma anche “iposviluppato”, cioè più piccolo di un suo coetaneo di uguale epoca gestazionale, ma con gravidanza non complicata», conclude il dottor Acerboni.