Attività fisica & cuore

Anche il cuore ha bisogno di ginnastica

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Dopo un evento cardiaco (cardiopatia ischemica, infarto miocardico, intervento di angioplastica, by-pass coronarico o di chirurgia correttiva valvolare, insufficienza cardiaca cronica), l’esercizio fisico rappresenta una componente importante della riabilitazione cardiologica. Si tratta di un processo multidisciplinare che parte dall’inquadramento del paziente per quanto riguarda la prognosi, per arrivare alla formulazione di un programma di riabilitazione che prevede esercizio fisico, educazione sanitaria e supporto psicologico. Il suo scopo è ridurre il rischio di incorrere in un nuovo evento cardiaco, educando correttamente il paziente a un nuovo stile di vita che dovrà continuare nel tempo. Ne parliamo con i professionisti di Humanitas.

Si tratta di un programma multidisciplinare?
Nel corso degli anni abbiamo assistito all’evoluzione del concetto di riabilitazione cardiologica, che è passata dal trattamento del paziente nella sola fase post-acuta (ad esempio dopo un infarto o un intervento chirurgico) all’assistenza anche del paziente affetto da insufficienza cardiaca cronica. Lo scopo e l’obiettivo della riabilitazione cardiologica non è solo quello di prolungare la vita del paziente, ma di migliorarne la qualità. Questo si effettua attraverso un approccio multifattoriale, dove entrano in gioco numerosi fattori specialistici. L’esercizio fisico in passato è stato l’elemento cardine di questo settore della cardiologia, mentre oggi, pur continuando a esserne una componente importante, viene affiancato da programmi di educazione sanitaria, per fornire al paziente gli strumenti adeguati a correggere uno stile di vita e interagire sui fattori di rischio cardiaco. Inoltre, è di importanza non secondaria un supporto psicologico.

Come avviene la valutazione del paziente?
Attraverso una valutazione clinica e strumentale, il paziente cardiopatico può essere identificato come soggetto a basso, medio o alto rischio. Il percorso riabilitativo è infatti diverso a seconda della valutazione di rischio (quello che un tempo si definiva stratificazione prognostica). Il test da sforzo, ad esempio, misura la capacità coronarica residua dopo un infarto. L’elettrocardiogramma dinamico è in grado di rilevare le aritmie nel corso delle 24 ore e definire il profilo aritmico del paziente. Va poi valutata la funzione di pompa del cuore, attraverso un indice che misura la capacità di contrazione del muscolo cardiaco (il metodo di gran lunga più utilizzato è l’ecocardiogramma). Va posta attenzione all’ottimizzazione della terapia farmacologica: è importante impostare una terapia dove i farmaci vengano somministrati a un dosaggio ottimale, secondo le indicazioni delle linee guida più recenti che sono elaborate sulla scorta di studi clinici rigorosi e rigorosamente valutati da task force di esperti.

Il paziente deve quindi essere partecipe?
All’inizio del programma di riabilitazione cardiologica è importante incontrare il paziente e i suoi familiari per spiegare loro quali sono i fattori di rischio che hanno facilitato l’insorgenza della malattia e come questi agiscono. Solo comprendendo il meccanismo si può cercare di correggere le cattive abitudini: sedentarietà, sovrappeso, fumo, scorretta alimentazione… L’educazione sanitaria è un’attività fondamentale del cardiologo riabilitatore ed è indispensabile per coinvolgere il paziente nel suo percorso riabilitativo: una volta compresi i meccanismi che lo hanno portato ad ammalarsi, il paziente è motivato a correggere i fattori di rischio e cercare di prevenire un secondo o un terzo evento cardiaco. Nell’ambito di questo programma grande importanza riveste l’educazione alimentare: mangiare meglio per vivere meglio. Il paziente viene seguito nel tempo con un follow up che permette di verificare i risultati e la sua partecipazione al programma riabilitativo.

Quali sono i fattori di rischio cardiovascolare?
I principali fattori di rischio di contrarre malattie cardiovascolari sono la familiarità, il fumo, l’ipertensione arteriosa, l’alterazione dei grassi nel sangue (colesterolo e trigliceridi) e il diabete. Esistono poi altri fattori di rischio secondari quali la sedentarietà e il sovrappeso, che facilitano la comparsa di quelli primari. A parte la familiarità, tutti i fattori di rischio cardiovascolare sono correggibili. Da qui l’importanza di educare il paziente a uno stile di vita sano che comporti la correzione di questi fattori. Un paziente informato e partecipe otterrà i migliori risultati.

L’esercizio fisico è dunque un “allenamento” per il cuore…
In riabilitazione cardiologica, l’esercizio fisico si prefigge lo scopo di permettere al cuore di eseguire un lavoro a una data intensità con un dispendio energetico minore. Più lavoro, meno sforzo. Condizione che permette ai pazienti di ‘risparmiare’ il cuore, facendolo faticare meno, e di vivere più a lungo. Il cuore è un muscolo che, con l’allenamento, può adattarsi a eseguire un lavoro maggiore consumando meno ‘carburante’, cioè meno ossigeno. L’esercizio fisico produce effetti favorevoli anche per la correzione di fattori di rischio cardiovascolare come l’ipertensione arteriosa, l’alterazione di grassi nel sangue (facilitando una diminuzione del colesterolo totale e favorendo un incremento del cosiddetto colesterolo buono HDL; favorisce la riduzione dei valori di glicemia; può facilitare una ridotta aggregabilità delle piastrine (ossia riduce il rischio della formazione di trombi nel circolo sanguigno).
Al paziente va spiegato qual è l’esercizio fisico che deve eseguire, per quanto tempo e in che misura lo deve eseguire. Alla fine della fase di riabilitazione controllata, il paziente dovrà continuare da solo il suo programma personalizzato e nel frattempo avrà imparato a eseguire correttamente l’allenamento. Il movimento dovrà infatti diventare un’abitudine, uno stile di vita che, insieme a una corretta alimentazione, gli consentirà di mantenere i benefici che ha ottenuto e di vivere meglio. L’attività fisica adeguata per il cardiopatico è quella sottomassimale e continuata nel tempo, per almeno 3-4 sedute alla settimana. Quindi esercizio fisico di tipo aerobico a intensità di lavoro medio-basso, senza mai arrivare a una situazione di fatica importante. Molto spesso viene utilizzata la cyclette, abbinata ad esempio a camminate, nuoto, sci di fondo e bicicletta, se il paziente lo desidera. L’utilizzo del cardiofrequenzimetro è importante per misurare correttamente l’intensità di lavoro del cuore.